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Dalla “pasqua” di Cristo la forza del martirio

di ALESSANDRO MANFRIDI

Il martirio conserva ancora oggi una sua “forza” attrattiva capace di cambiare la storia personale e comunitaria?

27 marzo 2024

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COMUNITÀ

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Ogni anno la Settimana Santa celebra il dono della vita di Gesù per noi, con la meditazione della sua Passione durante la Domenica delle Palme e il Venerdì Santo. Questo Vangelo trova sicuramente riverbero nelle odierne testimonianze di tutti quei seguaci del maestro di Nazareth che hanno testimoniato la sua sequela con il dono della loro vita.

È quello che è stato approfondito presso il Santuario del Divino Amore in Roma nel Convegno annuale delle diocesi del Lazio organizzato dall’Ufficio per l’Ecumenismo, il Dialogo Interreligioso e i Nuovi Culti della Diocesi di Roma sul tema: “La forza umile dei cristiani”. A partire dal ricordo di suor Giordana Bertacchini (delle Missionarie di Maria, Saveriane) del decimo anniversario dell’uccisione delle consorelle Olga (83), Lucia (75), Bernadetta (79) di Bujumbura in Burundi. Alcuni dei sicari assoldati per compiere questo atroce delitto hanno confessato: si è trattato di un omicidio legato ad un rito satanico propiziatorio a favore del Presidente della Repubblica su indicazione di un santone. Ma questo sacrificio ha portato dei frutti: la casa è diventata una cappella che è casa di preghiera e di perdono; ogni mese il 7 e l’8 i laici continuano l’apostolato promosso dalle martiri tra i poveri. C’è una crescita delle vocazioni. In 30 anni non c’era stata una vocazione, ora ce ne sono diverse.

Ieri, martedì Santo, si è tenuta la consueta veglia di preghiera per i Missionari Martiri presso la Basilica di San Bartolomeo sull’isola Tiberina (diventata Santuario per i Nuovi Martiri del Novecento), affidata da San Giovanni Paolo II alla Comunità di Sant’Egidio. Negli anni ,delegazioni delle Chiese Anglicane ed Ortodosse hanno donato reliquie di loro Martiri alla Basilica, custodite nelle sei cappelle. Il Martirio diventa un elemento fondamentale nell’ambito del percorso del Dialogo Ecumenico. Il lavoro della Commissione sui Nuovi Martiri del XX secolo ha portato a uno specifico Giubileo dei Martiri celebrato durante il Giubileo del 2000 al Colosseo. E un lavoro analogo compirà la nuova commisisone per il Giubileo del 2025, ma ora a tutto campo, esteso a tutte le confessioni cristiane, senza limitarsi al cattolicesimo.

“Oggi, però, come è cambito il martirio?” – si chiede don Angelo Romano, Rettore della Basilica. Nella storia, infatti, conosciamo Gli Atti dei Martiri dei primi secoli in cui essi venivano uccisi a causa della loro professione di fede, da parte dell’autorità imperiale romana, così come è testimoniato nei processi. Oggi, al contrario,  tante volte il persecutore si nasconde, non vuole che si capisca che è il protagonista della strage, come nel caso drammatico delle tre suore in Burundi o nel caso di don Puglisi, dove Cosa Nostra ha cercato di nascondersi, presentandolo non come un omicidio di Mafia. Se il primo problema è che il persecutore cerca di nascondersi, il secondo problema è che l’odio alla fede non chiede di rinnegare la professione, ma chiede di rinunciare alla sua azione sociale, alla giustizia, alla carità vissuta, alla fortezza; come nel caso dell’opera educativa di don Puglisi o a quella dei cristiani che difendono gli indios dell’Amazzonia.

Non è un caso che i cristiani siano diffusi dove ci sono situazioni che essi vanno a contrastare per motivi legati alla giustizia e al rifiuto della corruzione. Le strade dei martiri sono attrattive, sono storie che misteriosamente cambiano la storia. Giovanni Paolo II racconta che aveva un compagno seminarista che venne fucilato mentre faceva il seminario. Se non lo avesse scritto nella sua biografia, non lo avremmo mai conosciuto. Si chiamava Szczęsny Zachuta. La sorella, una signora di 65 anni, ha contattato il Santuario di San Bartolomeo e ha donato la lettera del cardinale di Cracovia, Wojtyla, indirizzata alla famiglia del suo compagno seminarista. Giovanni Paolo II in “Dono e Mistero” afferma che il suo sacerdozio già ai suoi inizi aveva un debito verso tutti i martiri che hanno vissuto accanto a lui.

Il sangue dei martiri cambia la storia. Bisogna fare parlare i martiri. In Basilica c’è la memoria di 50 di loro e nella cripta oltre 100. Il mondo va da un’altra parte? Bene! Il martire va controcorrente, e per questo diventa attrattivo! La dott.ssa Monica Attias ha raccontato la storia di sette umili confratelli laici anglicani, i Melanesian Brothers, martirizzati nel 2003 dopo una guerra civile iniziata nel 1998 nell’Isola di Guadalcanal, ma diventati germe per un processo di pacificazione in tutte le isole Salomone.  Il 5 novembre milioni persone hanno seguito i loro funerali. L’amore ha vinto per la passione, la gioia e la speranza della resurrezione testimoniata dai sette confratelli. Il loro ricordo è presente nella Basilica San Bartolomeo. L’Arcivescovo di Chanterbury Welby e 17 vescovi anglicani hanno celebrato i Melasian Brothers a San Bartolomeo.

S. E. Mons. Azad Sabri Shaba, Vescovo caldeo della Diocesi di Duhok, in Iraq condivide in video un suo intervento, ricordando che fin dai tempi di Sassanidi, Arabi, Mongoli e Ottomani ci sono cristiani iracheni martiri. Anche nello scorso secolo, anche nel 2003, 2006, 2008, 2010. Liturgicamente, la Chiesa Caldea il venerdì dopo la Pasqua ricorda i suoi martiri. Nel 2025 ci sarà l’anniversario del Concilio di Nicea in Turchia, che si spera possa rilanciare le loro chiese. Tra il 2003 e il 2017-18 ci sono stati moltissimi attentati che hanno decimato queste chiese. Il sangue di questi martiri ci parla della speranza della coabitazione in zone dove i cristiani sono arrivati prima dell’Islam.

Dopo la relazione di padre Giulio Albanese, si è data voce alle testimonianze viventi di quel che i cristiani costruiscono, con due video molto significativi propositi da parte di S. Em. Card. Giorgio Marengo (e i cristiani della Chiesa di Mongolia) e S. E. Mons. Christian Carlassare, comboniano, dal Sud Sudan, testimone di un attentato poco dopo la sua elezione a vescovo. Ha poi chiuso gli interventi suor Antonietta Papa, compagna di padre Ezechiele Ramin in Brasile e testimone del suo martirio, già Generale della Congregazione delle Figlie di Maria Missionaria, che testimonia la missione a servizio dei migranti a Lampedusa e racconta come arrivano e da dove arrivano sui moli dell’isola queste migliaia di profughi, tremanti e claudicanti. La polizia mette loro i bracciali e le suore li abbracciano per scaldare loro il cuore quanto indossano  le coperte termiche, perché arrivano con solo la t-shirt addosso, senza neanche scarpe. I ragazzi della Chiesa Evangelica forniscono il thé e i croissant. Non si può nascondere che al momento dello sbarco c’è molta tensione, perché non si sa chi arriva. Non è semplice sostenere queste persone che hanno il dramma del lutto perché hanno visto gli amici morire davanti agli occhi.

Per questo, come ha ricordato mons. Marco Gnavi, Segretario della Commissione “Nuovi Martiri – Testimoni della fede” e Segretario della Commissione per l’Ecumenismo e il Dialogo – C.E.L., non dobbiamo dimenticare che nel Vangelo è tutto capovolto, ma anzi viverne il paradosso: gli umili saranno esaltati. Gesù ha cambiato il mondo attraverso la volontà divina di salvare, soccorrere, guarire, portare la pace che ci è stata donata, come in questa Pasqua ancora una volta celebriamo.

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Come sconfiggere le mafie? Proiezione palestinese

ALESSANDRO MANFRIDI

   :

22 Marzo 2024

22 marzo 2024.

La città di Napoli rischia la catastrofe umanitaria.

La stessa ONU ha accusato il Governo italiano di condotta inaccettabile che mette a rischio l’interna popolazione del capoluogo campano; il caso ha avuto un’eco mediatica internazionale, visto che verso l’inquilino di Palazzo Chigi è stato mosso un procedimento disciplinare presso il Tribunale di Giustizia dell’Aja.

I fatti sono noti. Per poter risolvere in modo definitivo la perniciosa azione di tutte le Mafie, alle quali si devono 1013 vittime https://www.wikimafia.it/wiki/Categoria:Vittime_innocenti_delle_mafie

è stato giudicato inevitabile dover entrare con l’Esercito e i suoi corpi speciali: battaglione San Marco, Granatieri di Sardegna, coadiuvati dalla Guardia di Finanza e dalle truppe scelte dei Carabinieri, coordinate dalla DIA.

Per poter celebrare la giornata della memoria delle vittime per le mafie il 21 marzo, le operazioni sono state aperte cinque mesi prima; sono state chiuse le vie di accesso alla città, le truppe scelte hanno rastrellato Spaccanapoli e i quartieri spagnoli, i camorristi sono stati snidati e soppressi.

Per tagliare loro i rifornimenti è stato necessario far saltare le condutture di acqua, gas ed energia elettrica, entrare nei cunicoli della Napoli sotterranea, bombardare gli ospedali cittadini, per evitare che i camorristi vi si potessero rifugiare.

Dopo cinque mesi senza luce, gas ed acqua potabile, i tre milioni di abitanti del capoluogo sono piombati nella disperazione più nera.

Molti di loro si sono riuniti nello stadio “Maradona” e si sono viste scene tragiche nell’assalto ai pochi aiuti che le organizzazioni umanitarie son riuscite a far entrare in città. Purtroppo il 24 febbraio scorso 114 abitanti partenopei hanno visto la morte perché, nella ressa, le forze antisommossa del Governo Italiano si son viste costrette ad aprire il fuoco.

Il Governo resiste alle critiche dell’ONU e finanche degli alleati della NATO e dello stesso Presidente degli Stati Uniti.

Purtroppo, Roma insiste, non si può fare diversamente: per estirpare una volta per tutte l’azione delle Mafie è necessario che le forze speciali dell’Esercito non si ritirino dal territorio partenopeo finché l’ultimo camorrista non sia stato reso innocuo. Che poi tre milioni di napoletani siano senza acqua, cibo, luce e senza un tetto dopo cinque mesi dall’inizio dell’operazione, è un male inevitabile.

In fondo, sono tutti omertosi, dunque complici delle Mafie e dei mafiosi. Per celebrare efficacemente il 21 marzo era giusto andare sino in fondo.

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La folla uccide. Da Amritsar a Gaza

ALESSANDRO MANFRIDI

   :

7 Marzo 2024

Settembre 1991. Pontificio Seminario “Pio XI” di Molfetta. Il seminario regionale con gli studenti più numeroso d’Italia. Al rientro dalle vacanze in famiglia, i 180 giovani trovano i lavori in corso con i muratori all’opera. Qualcuno ha smontato le tazze dei water dai bagni di un’ala della struttura. Cosa è successo?

“Ragazzi, non avete idea – racconta Corrado, il mai dimenticato portiere dello stabile – non si può descrivere cosa significhi andare in prima linea tutti i giorni, rischiare di finire in ospedale o, addirittura, la vita stessa”.

L’8 agosto 1991 la nave “Vlora” sbarca nel porto di Bari. Proviene dall’Albania dove è stata presa d’assalto nel porto di Durazzo ed occupata da oltre ventimila profughi albanesi, imbarcatisi con la forza nell’intento di lasciare il “paese delle aquile” verso “lamerica”, la dolce Italia che loro conoscono attraverso i nostri programmi televisivi.

Non ci saranno nella storia delle immigrazioni nel Bel Paese né prima né ad oggi numeri simili nell’arrivo di immigrati con un solo viaggio.

Le autorità, nell’assolato ferragosto barese, sono colte impreparate. I ventimila vengono condotti e rinchiusi fra le mura del vecchio “Stadio della Vittoria” nell’attesa delle disposizioni che porteranno al forzato espatrio di quasi il 90% dei malcapitati.

Naturalmente sono giorni di stenti e di tensioni che passano dall’iniziale speranza alla rabbia fino alla disperazione quando i protagonisti comprendono che per la maggior parte di loro non ci sarà accoglienza ma rimpatrio. Le strutture dello stadio ne fanno le spese: gradinate, infissi, bagni divelti e devastati dalla rabbia, ringhiere e tubature usate e brandite a mo’ di armi per gli scontri con le forze dell’ordine.

La folla diviene ingestibile e si arriva a decidere di fornire cibo e medicinali catapultandoli per via aerea.

Per prelevare i profughi e imbarcarli su 11 aerei militari C130 e G222, assieme a tre Super80 dell’Alitalia e a motonavi come la Tiepolo, la Palladio e la Tiziano per il rimpatrio, sono necessarie le forze dell’ordine in tenuta antisommossa, che ingaggiano cariche di contenimento e eseguono le direttive per realizzare l’operazione.

Un centinaio di questi militari che provengono da fuori regione trovano appunto ospitalità presso la struttura ricettiva del Seminario Regionale.

I racconti del custode sono densi di particolari: questi ragazzi, giovani come i “naturali” ospiti del “Pio XI”, rientravano la sera dopo ore di corpo a corpo in assetto da battaglia verso una folla inferocita di disperati che doveva essere prelevata con la forza. Molti fra loro sono finiti in ospedale con le ossa rotte.

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Quelli che erano presenti all’appello in quelle sere, sfogavano l’adrenalina con mangiate, bevute, feste e bravate come quella che li aveva portati a fare qualche danno anche al “Pio XI”.

Domenica 20 agosto 2000. Oltre due milioni di giovani, provenienti da 163 paesi, hanno appena finito di partecipare alla celebrazione eucaristica presieduta da Giovanni Paolo II al termine della GMG a Roma, su un’area di Tor Vergata, uno dei raduni della cristianità cattolica più numerosi della storia.

Secondo le indicazioni fornite dagli organizzatori sulla piantina dell’area, ciascuno dei partecipanti avrebbe dovuto defluire in orari e da punti diversi a seconda del settore dove si era allocato. Ma coordinare in maniera disciplinata due milioni di persone fu impossibile. Al termine della manifestazione scene che potremmo paragonare a quelle di un “esodo biblico” o comunque a quelle dei profughi che con i loro stracci si spostano a decine di migliaia tra un paese e l’altro del martoriato continente africano in fuga dai vari conflitti intestini si riproposero all’uscita della folla dai prati di Tor Vergata.

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I giovani formavano plasticamente un vero e proprio fiume in piena, in alcuni tratti ci si poteva anche lasciar andare, sperimentando che non si sarebbe caduti a terra, perché tale era la ressa che ti comprimeva trasportandoti senza quasi bisogno di alzare i piedi dal suolo.

Ai cigli della strada i volontari della Giornata Mondiale della Gioventù, in T-SHIRT blu con il logo della GMG 2000, innaffiavano a mano con centinaia di litri d’acqua dalle bottiglie di plastica i giovani trasportati da questo fiume in piena, per dar loro sollievo dalla calura estiva del sole di agosto.

In quelle 48 ore, dalla veglia del 19 alla messa del 20, sono stati migliaia gli interventi delle ambulanze che hanno soccorso nell’ospedale da campo e nelle tende del pronto soccorso allestite nei diversi settori vari giovani malcapitati.

Che non ci sia stata, tra quei due milioni, neanche una vittima, potremmo statisticamente oggi definirlo un “miracolo”.

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Torino, piazza San Carlo, 3 giugno 2017. Finale di Champions League Juventus – Real  Madrid.

I tifosi spagnoli hanno avuto l’opportunità di seguire la partita sui maxi schermi appositamente installati nello stadio “Santiago Bernabeu” a Madrid. Quelli torinesi si sono invece riuniti davanti agli schermi allestiti in piazza San Carlo.

Durante la partita, qualcuno tira fuori ed utilizza uno spray al peperoncino. La folla, terrorizzata, inizia a scappare. Le migliaia di bottiglie di vetro presenti tra i tifosi cadono in terra e vanno in frantumi, producendo un tappeto di cocci. Al termine della serata, saranno 1672 le persone ricoverate per ferite da taglio subite dopo essere state travolte dalla folla su questo tappeto tagliente. Tre le vittime.

Stadio Heysel, Bruxelles, 29 maggio 1985. Finale Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool. Sono 39 le vittime tra i tifosi juventini, dovute al cedimento di una gradinata per l’assembramento degli stessi che erano in fuga dai tifosi inglesi.

Questi sono solo alcuni episodi che toccano la nostra storia.

Quando ci sono assembramenti numerosi, le misure di sicurezza possono essere vane, soprattutto se la folla esce fuori da ogni controllo. L’immagine plastica di una mandria di bisonti americani che fugge travolgendo ed uccidendo tutto ciò che incontra ben rappresenta il dramma delle vittime della calca in mezzo ad una folla impazzita.

Nella storia delle manifestazioni sportive abbiamo non solo il caso recente di Malang in Indonesia con oltre 180 vittime il 2 ottobre 2022 ma numeri come quelli di Lima in Perù il 24 maggio 1964 con 320 morti.

Ogni tipo di raduni, da quelli sportivi, ai concerti, a quelli religiosi, possono portare a sviluppi tali se si verificano simili circostanze, come nel caso della festa di Halloween a Seul il 4 novembre 2022 con 153 vittime.

Arriviamo alla cronaca.

Nel conflitto che sta sfociando in un disastro umanitario a Gaza, il 29 febbraio 2024, dopo quattro mesi senza luce, gas e acqua potabile, una folla disperata ha assaltato l’ennesimo carico di aiuti umanitari introdotto via camion, aiuti che che stanno arrivando nella Striscia in maniera totalmemente insufficiente. L’esercito israeliano ha sparato. Risultato: 114 morti.

I palestinesi incolpano gli israeliani. Le autorità ebraiche respingono le accuse: le vittime sarebbero rimaste uccise a causa della calca. Purtroppo molte di esse risultano essere cadute per ferite da armi da fuoco. Vedremo se e quando ci sarà una commissione d’inchiesta che possa riuscire a ricostruire i fatti.

13 aprile 1919, Amritsar, nel Punjab, India.

Il generale Reginald Dyer ordina di aprire il fuoco su una folla di uomini, donne e bambini, senza alcun preavviso, per dare una dimostrazione di forza nei confronti delle manifestazioni non violente promosse da Gandhi e dal Partito del Congresso Indiano contro il Rowlatt Act, una legge promulgata dall’autorità britannica che disponeva l’incarcerazione dei dissidenti senza permettere loro alcun processo. Il 6 aprile erano iniziate le manifestazioni con una giornata di digiuno e di preghiera e con l’astensione dal lavoro di 350 milioni di indiani. Le tensioni avevano portato alla legge marziale nel Punjab il 13 aprile, con il divieto di assembramenti, sfociato nel massacro di Amritsar in risposta alla violazione dello stesso: almeno 379 morti ed oltre 1200 feriti, secondo le fonti ufficiali.

Il generale fu processato e sollevato dal servizio ma non vide il carcere.

L’episodio è rappresentato in modo drammatico nel film “Gandhi” (1982).

Che relazione possiamo leggere tra Amritsar e Gaza?

Certamente nel primo caso l’azione militare si è rivolta contro una folla di civili disarmata, inerme e pacifica, provocando un massacro che è configurabile come un crimine.

Nel caso del massacro di Gaza del 29 febbraio 2024, viceversa, non è provato che l’esercito israeliano abbia sparato contro la folla allo scopo di uccidere. Non possiamo sapere quante tra le 114 vittime siano morte perché travolte nella calca o a causa delle ferite da armi da fuoco. Dobbiamo attendere i risultati di una commissione d’inchiesta, se e quando questa verrà realizzata.

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Certamente i paralleli con gli episodi sopra citati sono chiari: la presenza di una folla incontrollata, mossa dalla disperazione, può indurre risposte di forza e finanche di violenza da parte delle forze chiamate all’ordine, come nel caso dei profughi della Vlora stipati nello stadio della Vittoria a Bari nel 1991.

La folla può uccidere. Come all’Heysel, come a Torino, come a Malang, come a Lima, come a Seul. Come ad Amritsar e a Gaza.

Sta poi alle autorità preposte cercare le responsabilità. Che siano autorità nazionali od internazionali, di parte o ancora meglio indipendenti.

Il desiderio dell’antica regola pedagogia rimane però sempre valido ed auspicabile: prevenire sarebbe molto meglio che reprimere.

Perché questo possa realizzarsi a Gaza, c’è bisogno naturalmente che si spinga verso una tregua che impedisca alla popolazione palestinesi di dover drammaticamente scegliere tra il morire di fame o il morire sotto bombe o proiettili.

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Ucraina due anni dopo

ALESSANDRO MANFRIDI

   :

4 Marzo 2024

Provo a sintetizzare  le opinioni che ogni giorno mi giungono  da  chi ritiene quella dei negoziati una proposta impraticabile e quella dell’invio delle armi sine die a Kiev l’unica strada percorribile.

Non voglio offendere od attaccare alcuno e rispetto l’idea di chi la pensa in modo diverso da quel che penso io, visto che abbiamo libertà di pensiero e di dibattito.

Personalmente ritengo necessario un cambio di direzione, a due anni dal conflitto in corso.

Queste  le motivazioni di chi ritiene necessario proseguire sulla via delle armi:

1) Putin vuole invadere l’Europa;

2) il popolo ucraino fa la fila per arruolarsi, ogni ucraino vuole andare in prima linea a combattere contro l’invasore russo;

3) i morti civili nel Donbass dal 2014 e dal 2022 provocati dall’utilizzo delle armi ucraine  inviate dalla UE e dagli USA sono filoputiniani, questo è solo un “effetto collaterale” del conflitto;

4) Santoro, Della Valle e tutti i pacifisti sono indifendibili e  filoputiniani o già filosovietici; naturalmente tutti coloro che lavorano per la pace, compresi papa Francesco, don Tonino Bello, Giovanni XXIII, Gandhi e Gesù Cristo… non lo si dice ma lo si pensa;

5) gli accordi ucraino-russi silurati da Biden nel marzo 2022 sono una fake e chiunque è critico verso il main Stream è filoputiniano;

6) parlare di Palestina o allargare il discorso oltre l’Ucraina significa passare di palo in frasca, cambiare argomento e ignorare l’attenzione al nemico mondiale n.1 che abita in Cremlino e che è spalleggiato dai BRICS;

7) se in Ucraina l’uso di bombe a grappolo o di munizioni all’uranio impoverito di provenienza britannica e statunitense rendono radioattivi i terreni è un effetto collaterale necessario;

8) l’Ucraina vincerà e se passeranno ancora anni senza che la Russia sia sconfitta la colpa sarà di noi cittadini occidentali e italiani, che non abbiamo il coraggio di schierarci  e abbiamo l’indecenza di lamentarci perché non arriviamo a metà mese, mentre Zelensky e il suo popolo sta combattendo in vece nostra perché Putin non ci invada.

Sento solo di dire che la pace, in un mondo in guerra, non è solo urgente ma necessaria, in Ucraina, in Palestina come in tante altre nazioni offese dalle logiche dell’industria bellica.

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Giubileo centrifugo/2 – Rileggendo la PACEM IN TERRIS

Perché la preparazione ad un giubileo che sia “centrifugo” può trovare ancora spunti dall’enciclica
sulla pace di Giovanni XXIII

di Alessandro Manfridi

L’11 aprile 1963, il giovedì della Settimana Santa, papa Giovanni XXIII consegna la sua quarta ed
ultima lettera Enciclica, la PACEM IN TERRIS, che sarà, di fatto, il suo “testamento spirituale” visto
che, già segnato dal cancro alo stomaco, due mesi dopo, il 3 giugno 1963, il pontefice bergamasco
avrebbe concluso la sua esistenza terrena.
Vogliamo rileggerla e cogliere, tra le righe, indicazioni preziose a sessanta anni di distanza.
Le “parole d’ordine” che ritornano continuamente nel documento sono: “Verità, giustizia, amore,
libertà”.
Sappiamo il ruolo determinate di Giovanni XXIII nella risoluzione della “crisi di Cuba” nell’ottobre
1962.
Egli già da tempo aveva concepito e volle realizzare un’enciclica sul tema della pace.
“Con l’ordine mirabile dell’universo continua a fare stridente contrasto il disordine che regna tra gli
esseri umani e tra i popoli; quasicché i loro rapporti non possono essere regolati che per mezzo
della forza”. (n. 3)
Ogni essere umano è persona, soggetto di diritti e di doveri che sono universali, inviolabili,
inalienabili.
Ogni essere umano ha il diritto all’esistenza, all’integrità fisica, ai mezzi indispensabili e sufficienti
per un dignitoso tenore di vita (6) alla libertà nella ricerca del vero, nella manifestazione del
pensiero e nella sua diffusione, nel coltivare l’arte, ad un’istruzione di base (7) ha il diritto di
onorare Dio secondo il dettame della retta coscienza; ha il diritto al culto di Dio privato e pubblico
(8); ha il diritto alla libertà nella scelta del proprio stato (9); il diritto di libera iniziativa in campo
economico e il diritto al lavoro (10).
“Torna opportuno ricordare che al diritto di proprietà privata è intrinsecamente inerente una
funzione sociale”.
Drammaticamente attuale il richiamo al diritto all’emigrazione e all’immigrazione, con
l’affermazione che ogni essere umano, pur lontano dalla propria comunità nativa, appartiene alla
comune famiglia umana e quindi è cittadino della comunità mondiale (12)
Importanti anche il diritto di riunione e di associazione e quelli relativi alla partecipazione alla vita
pubblica e sociale.
Indissolubile il rapporto fra diritti e doveri nella stessa persona, fondati entrambi nella legge
naturale.

Gli uomini sono sociali per natura, nati per convivere in modo ordinato, cooperando per “operare
gli uni al bene degli altri”, in modo che ci si adoperi perché ciascuno, ad esempio, disponga dei
mezzi di sussistenza sufficienti ad una vita dignitosa (16)
La convivenza fra gli esseri umani, oltre che ordinata, è necessario che sia per essi feconda di
bene.
Da notare:
“Una convivenza fondata soltanto su rapporti di forza non è umana. In essa infatti è inevitabile che
le persone siano coartate o compresse, invece di essere facilitate e stimolate a sviluppare e
perfezionare se stesse”.(17)
Una convivenza fondata nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà.
Tre fenomeni caratterizzano l’epoca moderna: l’ascesa economico-sociale delle classi lavoratrici;
l’ingresso della donna nella vita pubblica
(21-22).
Il terzo fenomeno parla di un passo avanti, dopo la storia del colonialismo, con popoli con sono più
dominati ma indipendenti (23-24).
Purtroppo dobbiamo rilevare che di fatto non è così, perché il cosiddetto “Sud del mondo” è quello
che diventa sempre più numericamente rilevante, con popolazioni intere ridotte alla fame.
Nel capitolo secondo si parla della necessità della preseza di un’autorità che assicuri l’ordine e
contribuisca all’attuazione del bene comune in grado sufficiente
“L’autorità non è una forza incontrollata: è invece la facoltà di comandare secondo ragione. Trae
quindi la virtù di obbligare dall’ordine morale: il quale si fonda in Dio”(27)
“L’autorità che si fonda solo o principalmente sulla minaccia o sul timore di pene o sulla promessa
e attrattiva di premi, non muove efficacemente gli esseri umani all’attuazione del bene comune; e
se anche, per ipotesi, li movesse, ciò non sarebbe conforme alla loro dignità di persone, e cioè di
esseri ragionevoli e liberi. L’autorità è, soprattutto, una forza morale; deve, quindi, in primo luogo,
fare appello alla coscienza, al dovere cioè che ognuno ha di portare volonterosamente il suo
contributo al bene di tutti. Sennonché gli esseri umani sono tutti uguali per dignità naturale:
nessuno di esso può obbligare gli altri interiormente. Soltanto Dio lo può, perché egli solo vede e
giudica gli atteggiamenti che si assumono nel segreto del proprio spirito.” (28).
Naturalmente un’ordine legale che violasse l’ordine che deriva da Dio chiamerebbe ad una
obiezione di coscienza poiché “bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5,29).
“Quando invece una legge è in contrasto con la ragione, la si denomina legge iniqua; in tal caso
però cessa di essere legge e diviene piuttosto un atto di violenza” (30).
La ragione d’essere dei poteri pubblici sta propriamente nell’attuazione del bene comune (32).

“È inoltre un’esigenza del bene comune che i poteri pubblici contribuiscano positivamente alla
creazione di un ambiente umano nel quale a tutti i membri del corpo sociale sia reso possibile e
facilitato l’effettivo esercizio degli accennati diritti, come pure l’adempimento dei rispettivi doveri.
Infatti l’esperienza attesta che qualora manchi una appropriata azione dei poteri pubblici, gli
squilibri economici, sociali e culturali tra gli esseri umani tendono, soprattutto nell’epoca nostra, ad
accentuarsi; di conseguenza i fondamentali diritti della persona rischiano di rimanere privi di
contenuto; e viene compromesso l’adempimento dei rispettivi doveri” (38).
“È perciò indispensabile che i poteri pubblici si adoperino perché allo sviluppo economico si adegui
il progresso sociale; e quindi perché siano sviluppati, in proporzione dell’efficienza dei sistemi
produttivi, i servizi essenziali, quali: la viabilità, i trasporti, le comunicazioni, l’acqua potabile,
l’abitazione, l’assistenza sanitaria, l’istruzione, condizioni idonee per la vita religiosa, i mezzi
ricreativi. E devono anche provvedere a che si dia vita a sistemi assicurativi in maniera che, al
verificarsi di eventi negativi o di eventi che comportino maggiori responsabilità familiari, ad ogni
essere umano non vengano meno i mezzi necessari ad un tenore di vita dignitoso; come pure
affinché a quanti sono in grado di lavorare sia offerta una occupazione rispondente alle loro
capacità; la rimunerazione del lavoro sia determinata secondo criteri di giustizia e di equità; ai
lavoratori, nei complessi produttivi, sia acconsentito svolgere le proprie attività in attitudine di
responsabilità; sia facilitata la istituzione dei corpi intermedi che rendono più articolata e più
feconda la vita sociale; sia resa accessibile a tutti, nei modi e gradi opportuni, la partecipazione ai
beni della cultura” (39).
È importante la divisione dei poteri nelle tre funzioni legislativa, amministrativa, giudiziaria (41).
Fondamentale la regolazione dei rapporti tra i cittadini e l’autorità pubblica, a partire dalla
formulazione delle carte costituzionali (45).
Nel capitolo terzo si affronta i rapporti tra le comunità politiche
“Anche i loro rapporti vanno regolati nella verità, nella giustizia, nella solidarietà operante, nella
libertà… La stessa legge morale, che regola i rapporti fra i singoli esseri umani, regola pure i
rapporti tra le rispettive comunità politiche.” (47).
Nel n. 57 si parla della questione dei profughi politici. Oggi a questi, oltre agli immigrati per fame,
possiamo aggiungere l’enorme numero degli “immigrati climatici”.
Dal n. 59 si affronta la questione della corsa agli armamenti, la deterrenza, le testate nuceari.
Necessaria “giustizia, saggezza ed umanità” che arrivi a mettere al bando le armi nucleari

“Occorre però riconoscere che l’arresto agli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva riduzione, e,
a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si
procedesse ad un disarmo integrale; se cioè non si smontano anche gli spiriti, adoprandosi
sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica: il che comporta, a sua volta, che al criterio
della pace che si regge sull’equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la vera pace si
può costruire soltanto nella vicendevole fiducia. Noi riteniamo che si tratti di un obiettivo che può

essere conseguito. Giacché esso è reclamato dalla retta ragione, è desideratissimo, ed è della più
alta utilità” (61).
“È un obiettivo reclamato dalla ragione. È evidente, o almeno dovrebbe esserlo per tutti, che i
rapporti fra le comunità politiche, come quelli fra i singoli esseri umani, vanno regolati non facendo
ricorso alla forza delle armi, ma nella luce della ragione; e cioè nella verità, nella giustizia, nella
solidarietà operante.
È un obiettivo desideratissimo. Ed invero chi è che non desidera ardentissimamente che il pericolo
della guerra sia eliminato e la pace sia salvaguardata e consolidata?
È un obiettivo della più alta utilità. Dalla pace tutti traggono vantaggi: individui, famiglie, popoli,
l’intera famiglia umana. Risuonano ancora oggi severamente ammonitrici le parole di Pio XII:
“Nulla è perduto con la pace. Tutto può essere perduto con la guerra” (62).
“Si diffonde sempre più tra gli esseri umani la persuasione che le eventuali controversie tra i popoli
non debbono essere risolte con il ricorso alle armi; ma invece attraverso il negoziato” (67).
Nel quarto capitolo si parla dei rapporti degli esseri umani e delle comunità politiche con la
comunità mondiale
“L’unità della famiglia umana è esistita in ogni tempo, giacché essa ha come membri gli esseri
umani che sono tutti uguali per dignità naturale. Di conseguenza esisterà sempre l’esigenza
obiettiva all’attuazione, in grado sufficiente, del bene comune universale, e cioè del bene comune
della intera famiglia umana” (69).
“Come è noto, il 26 giugno 1945, venne costituita l’Organizzazione delle Nazione Unite (ONU); alla
quale, in seguito, si collegarono gli istituti intergovernativi aventi vasti compiti internazionali in
campo economico, sociale, culturale, educativo, sanitario. Le Nazioni Unite si proposero come fine
essenziale di mantenere e consolidare la pace fra i popoli, sviluppando fra essi le amichevoli
relazioni, fondate sui principi della uguaglianza, del vicendevole rispetto, della multiforme
cooperazione in tutti i settori della convivenza.
Un atto della più alta importanza compiuto dalle Nazioni Unite è la Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo approvata in assemblea generale il 10 dicembre 1948. Nel preambolo della stessa
dichiarazione si proclama come un ideale da perseguirsi da tutti i popoli e da tutte le nazioni
l’effettivo riconoscimento e rispetto di quei diritti e delle rispettive libertà” (75).
Fondamentale è lo sviluppo integrale degli esseri umani in formazione
“L’istruzione scientifica continua ad estendersi fino ad attingere gradi superiori, mentre l’istruzione
religiosa rimane di grado elementare. È perciò indispensabile che negli esseri umani in formazione,
l’educazione sia integrale e ininterrotta; e cioè che in essi il culto dei valori religiosi e l’affinamento
della coscienza morale procedano di pari passo con la continua sempre più ricca assimilazione di
elementi scientifico-tecnici; ed è pure indispensabile che siano educati circa il metodo idoneo
secondo cui svolgere in concreto i loro compiti” (80).

L’enciclica si conclude con quel richiamo al Principe della Pace il cui mistero pasquale viene
celebrato dalla comunità dei credenti.

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Dal taglione allo sterminio

Nel libro della Genesi al capitolo 4, Lamec, discendente di Caino, porta alle estreme conseguenze il percorso della violenza fratricida che la Bibbia inizia a raccontarci con l’omicidio di Abele: Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido.Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamec settantasette”. (Gn 4, 23-24)

La “legge del taglione”, riportata in Es 21, 23-25 e passi collegati (Lv 24, 19-20; Dt 19,21) costituisce un passo avanti rispetto alla vendetta sanguinaria e sproporzionata testimoniata da Lamec. “Occhio per occhio” non è una norma di vendetta ma una regolazione legale dei dissidi tra le tribù dei figli di Giacobbe che dava proporzionalità alla pena in risposta al delitto.

Nella stele di diorite esposta al Louvre a Parigi è conservato il testo in accadico cuneiforme che ci trasmette, intatto, il Codice di Hammurabi, sesto re della prima dinastia di Babilonia, risalente al XVIII secolo a. C. Tra le norme riportate sulla stele, troviamo quelle della cosiddetta “legge del taglione” (“Qualora un figlio colpisca suo padre, gli siano troncate le mani. Qualora un uomo cavi un occhio ad un altro, gli sia cavato un occhio. Qualora un uomo rompa un osso ad un altro uomo, gli sia rotto un osso. Qualora un uomo cavi l’occhio di un uomo liberato, o rompa l’osso di un uomo liberato, pagherà una mina d’oro. Qualora un uomo cavi l’occhio dello schiavo di un uomo, o rompa l’osso dello schiavo di un uomo, pagherà metà del valore di esso.”)

Il testo biblico si richiama proprio a questa fonte.

“[…] pagherai vita per vita:  occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido.” (Es 21, 23-25)

Nei Vangeli Gesù di Nazareth va oltre questa norma, invitando a “porgere l’altra guancia” e spingendosi fino a chiedere non solo il perdono e la preghiera ma addirittura l’amore nei confronti del nemico. (Mt 5, 38-48// Lc 6, 27-36)

La preghiera insegnata da Gesù ai suoi, il Padre Nostro, si conclude proprio con la petizione che invita al perdono nei confronti di chi ci fa del male. (Mt 6, 12.14-15)

La parabola del servo spietato è esplicativa di questa necessità: la difficoltà a perdonare è fondata sulla inconsapevolezza che il dono di cui siamo “debitori” è incolmabile, se paragonato al credito che vantiamo verso chi ci ha fatto del male (Mt 18, 21-35).

Se però ci fermiamo all’Antico Testamento, c’è un altro modo di “regolare” i conti.

È quello indirizzato alle popolazioni residenti nella “Terra promessa” e non facenti parte del popolo di Israele.

Queste sono destinatarie di una vera e propria “liturgia”, quella della cosiddetta “guerra sacra”, il cui termine non rientra, propriamente, nel vocabolario biblico.

Il termine ricorrente è quello legato ad un comando, attribuito nei testi biblici a IHWH stesso: הַשׁמָדָה “ash’madà” = “sterminio”, presente 92 volte nei passi veterotestamentari.

Nei racconti deuteronomistici, è Dio stesso che conduce la battaglia alla testa del suo popolo per lo sterminio delle popolazioni presenti in Palestina e non appartenenti al popolo di Israele.

A Giosuè viene dato il comando di passare a fil di spada uomini, donne, giovani, vecchi, fino allo stesso bestiame (Gs 6, 16-21).

JHWH, potente in battaglia, avvolto in una armatura invincibile (Es 15,3), scaglia fulmini sui nemici del suo popolo (Gs 10, 10-11), è condotto nell’Arca sui campi di battaglia (Nm 10, 33-36; 1Sam 4). I soldati vengono “consacrati” (Dt 23, 10.15) per compiere, quali sacerdoti nel nome del loro Dio, un atto sacro, combattendo battaglie e guerre che sono volute e condotte da JHWH stesso (Es 17,6; Nm 21, 14; 1Sam 25, 38). La vittoria è, quindi, attribuita al Signore e il “bottino” è sacro e va a lui offerto come un olocausto, votando ogni cosa allo sterminio.

Chi disobbedisce a questo comando, come il re Saul (1Sam 15), compie un atto sacrilego che viene punito.

Questi testi sono fondati al tempo stesso sulla condanna religiosa verso qualsiasi sincretismo che possa deviare i figli di Israele all’idolatria portata avanti da altre nazioni e nasce fin dall’episodio cruento di Mosè che ordina lo sterminio di tutti coloro che si sono prostrati al vitello d’oro tradendo l’unico e vero Dio (Es 32, 26-29).

Cosa dire? Forse che i comandi divini di sterminio delle popolazioni nemiche per l’occupazione della Terra Promessa rivolti a Giosuè prima, a Saul e a Davide durante il loro regno poi, debbano essere colti non solo come il segno di racconti i cui contorni non sono (fortunatamente?) registrabili secondo coordinate scientificamente storiche ma, e qui la domanda diventa grido, giustificazione e fondazione biblica per uno Stato che ha la Bibbia (Antico Testamento) ma non una sua Carta Costituente?

Certo è che gli Ambasciatori israeliani rispondono in modo veemente a chi chiede di fermare questa operazione militare che sta mietendo vittime nella striscia di Gaza oltre ogni garanzia del diritto.

Così, se il direttore RAI (che si è scusato) e il Festival di Sanremo sono accusati dall’Ambasciatore israeliano in Italia di “diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile”, in reazione al cantante Ghali che dal palco della manifestazione canora aveva chiesto: “Stop al genocidio”, non è da meno l’Ambasciatore israeliano presso la Santa Sede che ha accusato il cardinale Pietro Parolin, reo di aver definito come “sproporzionata” la risposta di Israele all’attacco di Hamas, definendo quella del Segretario di Stato Vaticano “una dichiarazione deplorevole”.

L’ambasciatore fa presente che l’azione militare israeliana è pienamente legittima, sia per il fatto che Hamas abbia trasformato Gaza nella più grande base terroristica mai vista, sia perché la popolazione palestinese sostiene pienamente questo progetto, al punto di aver partecipato attivamente agli eventi del 7 ottobre. Le operazioni militari dell’Idf,  “… si svolgono nel pieno rispetto del diritto internazionale”. Secondo i dati disponibili, per ogni militante di Hamas ucciso hanno perso la vita tre civili. Tutte le vittime civili sono da piangere, ma nelle guerre e nelle operazioni passate delle forze Nato o delle forze occidentali in Siria, Iraq o Afghanistan, la proporzione era di 9 o 10 civili per ogni terrorista. Quindi, la percentuale dell’Idf nel tentativo di evitare la morte dei civili è circa 3 volte superiore, nonostante il campo di battaglia a Gaza sia molto più complicato, come già detto“.

Purtroppo queste affermazioni non possono essere verificate, né quella sulla complicità della popolazione civile ai piani di Hamas, né quella della partecipazione della stessa all’azione terroristica del 7 ottobre, né quella sui numeri delle vittime civili rispetto ai terroristi.

Quella che è certa è la storia di questi 70 anni del moderno Stato di Israele.

Il credito verso la storia, presentato all’ONU dagli Ebrei dopo l’olocausto di sei milioni di vittime della follia nazista ha portato alla costituzione del moderno Stato d’Israele con la risoluzione 181 del 29 novembre 1947 che condusse il 14 maggio 1948 alla proclamazione della fondazione dello stesso da parte di Ben Gurion e che ha permesso ai discendenti di Abramo di riprendere possesso di quella “Terra promessa” dalla quale erano stati deportati dai romani dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70 d. C.

Dal 1948 non c’è stata terra, né pace, né uno Stato per le popolazioni palestinesi che si son viste cambiare la vita dagli eventi. Israele, unica nazione al mondo a non aver ratificato e dunque disatteso oltre 70 risoluzioni dell’ONU dal 1951 ad oggi, quelle relative alla risoluzione della questione palestinese. Una tra le 5 nazioni al mondo, tra le 193, che non ha una Carta Costituzionale.

Ha però la Bibbia (Antico Testamento) e se qualcuno volesse leggerne i passi citati in modo “fondamentalista” non si stupirebbe di quel che da 70 anni accade al popolo palestinese.

Intanto, le democrazie occidentali si apprestano a celebrare Navalny, chiedendo giustizia per la sua morte. Nessuno in Occidente però, accusa di “crimini di guerra” Netanyahu, né sono state organizzate manifestazioni ufficiali per protestare verso questa gestione del conflitto, che ha già prodotto 30mila vittime palestinesi, tra cui il 40% minorenni.

Dobbiamo dunque uscire dalla nostra orbita e riconoscere che in quella dei paesi “BRICS” almeno il Sudafrica abbia avuto la lucidità di chiamare Israele in giudizio davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja.

I discendenti delle vittime dell’Olocausto devono rispondere di una azione genocidiaria che si sta consumando, drammaticamente, nella striscia di Gaza.

 La storia si ripete, riproponendo a parti invertite come “sterminatori” coloro che hanno conosciuto l’orrore della Shoà.

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CORTE DI GIUSTIZIA INTERNAZIONALE. SUDAFRICA ISRAELE 26.01.2024

https://www.glistatigenerali.com/geopolitica_medio-oriente/corte-di-giustizia-internazionale-sudafrica-israele-26-01-2024/

ORDINE

APPLICAZIONE DELLA CONVENZIONE SULLA PREVENZIONE E LA PUNIZIONE DEL REATO DI GENOCIDIO NELLA STRISCIA DI GAZA

https://www.icj-cij.org/sites/default/files/case-related/192/192-20240126-ord-01-00-en.pdf

CRONOLOGIA DELLA PROCEDURA 1-12

  I. INTRODUZIONE 13-14

  II. COMPETENZA PRIMA FACIE 15-32

1. Osservazioni preliminari 15-18 2. Esistenza di una controversia relativa all’interpretazione, applicazione o

adempimento della Convenzione sul Genocidio 19-30

3. Conclusione sulla competenza prima facie 31-32

  III. CLASSIFICA DEL SUDAFRICA 33-34

  IV. I DIRITTI DI CUI SI RICHIEDE LA TUTELA E IL LEGAME TRA

TALI DIRITTI E LE MISURE RICHIESTE 35-59

  V. RISCHIO DI PREGIUDIZIO IRREPARABILE E URGENZA 60-74

  VI. CONCLUSIONE E MISURE DA ADOTTARE 75-84

  CLAUSOLA OPERATIVA 86

CORTE DI GIUSTIZIA INTERNAZIONALE

2024

  26 gennaio

  Elenco generale

  N. 192

APPLICAZIONE DELLA CONVENZIONE SULLA PREVENZIONE

E PUNIZIONE DEL REATO DI GENOCIDIO NELLA STRISCIA DI GAZA

(SUDAFRICA contro ISRAELE)

RICHIESTA DI INDICAZIONE DI MISURE PROVVISORIE

ORDINE

Presenti: Presidente DONOGHUE; Vicepresidente GEVORGIAN; Giudici TOMKA, ABRAHAM, BENNOUNA, YUSUF, XUE, SEBUTINDE, BHANDARI, ROBINSON, SALAM, IWASAWA, NOLTE, CHARLESWORTH, BRANT; Giudici ad hoc BARAK, MOSENEKE; Cancelliere GAUTIER.La Corte internazionale di giustizia,

  Composto come sopra,

  Dopo la deliberazione,

  Visti gli articoli 41 e 48 dello Statuto della Corte e gli articoli 73, 74 e 75 del Regolamento della Corte,

  Effettua il seguente ordine:

1. Il 29 dicembre 2023, la Repubblica del Sud Africa (di seguito “Sudafrica”) ha depositato nella cancelleria della Corte un ricorso instaurante un procedimento contro lo Stato di Israele (di seguito “Israele”) riguardante presunte violazioni degli obblighi nella Striscia di Gaza ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (di seguito la “Convenzione sul genocidio” o la “Convenzione”).

2. Al termine della sua candidatura, il Sud Africa

“chiede rispettosamente alla Corte di giudicare e dichiarare:

(1) che la Repubblica del Sud Africa e lo Stato di Israele hanno ciascuno il dovere di agire in conformità con i propri obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, in relazione ai membri del gruppo palestinese, per adottare tutte le misure ragionevoli in loro potere per prevenire il genocidio;

(2) che lo Stato di Israele:

  (a) ha violato e continua a violare i propri obblighi derivanti dal Genocidio

Convenzione, in particolare gli obblighi previsti dall’articolo I, letto in combinato disposto con l’articolo II, e gli articoli III (a), III (b), III (c), III (d), III (e), IV, V e VI ;

  (b) deve cessare immediatamente qualsiasi atto e misura in violazione di tali obblighi, compresi atti o misure che potrebbero uccidere o continuare a uccidere palestinesi, o causare o continuare a causare gravi danni fisici o mentali ai palestinesi o infliggere deliberatamente a palestinesi gruppo, o continuando a infliggere al proprio gruppo, condizioni di vita intese a provocarne la distruzione fisica totale o parziale, e rispettare pienamente gli obblighi derivanti dalla Convenzione sul genocidio, in particolare gli obblighi previsti dagli articoli I, III (a) , III (b), III (c), III (d), III (e), IV, V e VI;

  (c) devono garantire che le persone che commettono genocidio, che cospirano per commettere genocidio, che incitano direttamente e pubblicamente al genocidio, che tentano di commettere genocidio e sono complici di genocidio contrario agli articoli I, III (a), III (b), III (c), III (d) e III (e) sono puniti da un tribunale nazionale o internazionale competente, come previsto dagli articoli I, IV, V e VI;

  (d) a tal fine e in sostegno degli obblighi derivanti dagli articoli I, IV, V e VI, deve raccogliere e conservare le prove e garantire, consentire e/o non inibire direttamente o indirettamente la raccolta e la conservazione delle prove degli atti di genocidio commessi contro i palestinesi a Gaza, compresi i membri del gruppo sfollati da Gaza;

  (e) deve adempiere agli obblighi di riparazione nell’interesse delle vittime palestinesi, incluso ma non limitato a consentire il ritorno sicuro e dignitoso dei palestinesi sfollati con la forza e/o rapiti alle loro case, il rispetto dei loro pieni diritti umani e la protezione contro ulteriori discriminazioni , persecuzioni e altri atti correlati, e provvedere alla ricostruzione di ciò che è stato distrutto a Gaza, in linea con l’obbligo di prevenire il genocidio ai sensi dell’Articolo I; e (f) deve offrire assicurazioni e garanzie contro la ripetizione delle violazioni della Convenzione sul genocidio, in particolare gli obblighi previsti dagli articoli I, III (a), III (b), III (c), III (d), III (e), IV, V e VI.”

3. Nel suo ricorso, il Sudafrica cerca di fondare la giurisdizione della Corte sull’articolo 36, paragrafo 1, dello Statuto della Corte e sull’articolo IX della Convenzione sul genocidio.

4. Il ricorso conteneva una richiesta di indicazione di provvedimenti provvisori presentata con riferimento all’articolo 41 dello Statuto e agli articoli 73, 74 e 75 del Regolamento.

5. In conclusione della sua richiesta, il Sudafrica ha chiesto alla Corte di indicare le seguenti misure provvisorie:

“(1) Lo Stato di Israele sospenderà immediatamente le sue operazioni militari dentro e contro Gaza.

(2) Lo Stato di Israele garantirà che qualsiasi unità armata militare o irregolare che possa essere diretta, sostenuta o influenzata da esso, così come qualsiasi organizzazione e persona che possa essere soggetta al suo controllo, direzione o influenza, non intraprenda alcuna iniziativa contro sostegno alle operazioni militari di cui al punto (1) sopra.

(3) La Repubblica del Sud Africa e lo Stato di Israele, ciascuno in conformità con i propri obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, nei confronti del popolo palestinese, adotteranno tutte le ragionevoli misure in loro potere per prevenire il genocidio.

(4) Lo Stato di Israele, in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, nei confronti del popolo palestinese in quanto gruppo protetto dalla Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, Genocidio, desistere dal commettere tutti gli atti contemplati dall’articolo II della Convenzione, in particolare:

  (a) uccidere membri del gruppo;

  (b) causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo;

  (c) infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita destinate a realizzarsi

la sua distruzione fisica totale o parziale; E

  d) imporre misure destinate a prevenire le nascite all’interno del gruppo.

(5) Lo Stato di Israele, ai sensi del punto (4) (c) di cui sopra, in relazione ai palestinesi, desistere e adotterà tutte le misure in suo potere, inclusa la revoca dei pertinenti ordini, delle restrizioni e/o dei divieti di impedire:

  (a) l’espulsione e lo sfollamento forzato dalle proprie abitazioni;

  (b) la privazione di:

  (i) accesso a cibo e acqua adeguati;

  (ii) accesso all’assistenza umanitaria, compreso l’accesso a carburante adeguato,

alloggio, vestiti, igiene e servizi igienico-sanitari;

  (iii) forniture e assistenza medica; E

  (c) la distruzione della vita palestinese a Gaza.

(6) Lo Stato di Israele dovrà, nei confronti dei palestinesi, garantire che anche il suo esercito

poiché qualsiasi unità armata irregolare o individuo che possa essere diretto, supportato o altrimenti influenzato da esso e qualsiasi organizzazione e persona che possa essere soggetta al suo controllo, direzione o influenza, non commettono alcun atto descritto ai precedenti punti (4) e (5). , o si impegnano in incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio, cospirazione per commettere genocidio, tentativo di commettere genocidio, o complicità in genocidio, e nella misura in cui vi si impegnano, che siano adottate misure verso la loro punizione ai sensi degli articoli I, II, III e IV della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio.

(7) Lo Stato di Israele adotterà misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti che rientrano nel campo di applicazione dell’Articolo II della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio; a tal fine, lo Stato di Israele non agirà per negare o altrimenti limitare l’accesso a Gaza tramite missioni conoscitive, mandati internazionali e altri organismi per contribuire a garantire la conservazione e la conservazione di tali prove.

(8) Lo Stato di Israele presenterà un rapporto alla Corte su tutte le misure adottate per dare effetto alla presente Ordinanza entro una settimana, a partire dalla data della presente Ordinanza, e successivamente ad intervalli regolari come la Corte ordinerà, fino a quando un la decisione finale sul caso spetta alla Corte.

(9) Lo Stato di Israele si asterrà da qualsiasi azione e garantirà che non venga intrapresa alcuna azione che possa aggravare o estendere la controversia davanti alla Corte o renderla più difficile da risolvere.

6. Il Vice-Cancelliere ha immediatamente comunicato al Governo di Israele il ricorso contenente la richiesta di indicazione di misure provvisorie, ai sensi dell’articolo 40, paragrafo 2, dello Statuto della Corte e dell’articolo 73, paragrafo 2, del Regolamento di Corte. Ha inoltre notificato al Segretario Generale delle Nazioni Unite il deposito da parte del Sud Africa dell’Istanza e della Richiesta di indicazione di misure provvisorie.

7. Nelle more della notifica prevista dall’articolo 40, comma 3, dello Statuto della Corte, il Cancelliere aggiunto ha informato tutti gli Stati legittimati a comparire davanti alla Corte del deposito del ricorso e della richiesta di indicazione di provvedimenti provvisori da parte una lettera datata 3 gennaio 2024.

8. Poiché la Corte non comprendeva alcun giudice della nazionalità di una delle Parti, ciascuna Parte ha esercitato il diritto conferitole dall’articolo 31 dello Statuto della Corte di scegliere un giudice ad hoc incaricato della causa. Il Sudafrica ha scelto Dikgang Ernest Moseneke e Israele Aharon Barak.

9. Con lettere del 29 dicembre 2023, il cancelliere aggiunto ha informato le parti che, ai sensi dell’articolo 74, paragrafo 3, del suo Regolamento, la Corte aveva fissato all’11 e al 12 gennaio 2024 le date della trattazione orale sulla richiesta di l’indicazione di misure provvisorie.

10. Nelle udienze pubbliche hanno presentato osservazioni orali sulla richiesta di indicazione di provvedimenti provvisori:

A nome del Sud Africa: SE Sig. Vusimuzi Madonsela,

  SE il Sig. Ronald Lamola,

  Signora Adila Hassim,

  Signor Tembeka Ngcukaitobi,

  Signor John Dugard,

  Signor Max du Plessis,

  Signora Blinne Ní Ghrálaigh,

  Signor Vaughan Lowe.

A nome di Israele: signor Tal Becker,

  Signor Malcolm Shaw,

  Signora Galit Raguan,

  Signor Omri Mittente,

  Signor Christopher Staker,

  Signor Gilad Noam.

11. Al termine delle sue osservazioni orali, il Sudafrica ha chiesto alla Corte di indicare le seguenti misure provvisorie:

“(1) Lo Stato di Israele sospenderà immediatamente le sue operazioni militari dentro e contro

Gaza.

(2) Lo Stato di Israele garantirà che qualsiasi unità armata militare o irregolare che possa essere diretta, sostenuta o influenzata da esso, così come qualsiasi organizzazione e persona che possa essere soggetta al suo controllo, direzione o influenza, non intraprenda alcuna iniziativa contro sostegno alle operazioni militari di cui al punto (1) sopra.

(3) La Repubblica del Sud Africa e lo Stato di Israele, ciascuno in conformità con i propri obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, nei confronti del popolo palestinese, adotteranno tutte le ragionevoli misure in loro potere per prevenire il genocidio.

(4) Lo Stato di Israele, in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, nei confronti del popolo palestinese in quanto gruppo protetto dalla Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, Genocidio, desistere dal commettere tutti gli atti contemplati dall’articolo II della Convenzione, in particolare:

  (a) uccidere membri del gruppo;

  (b) causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo;

  (c) infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita destinate a realizzarsi

la sua distruzione fisica totale o parziale; E

  d) imporre misure destinate a prevenire le nascite all’interno del gruppo.

(5) Lo Stato di Israele, ai sensi del punto (4) (c) di cui sopra, in relazione ai palestinesi, desistere e adotterà tutte le misure in suo potere, inclusa la revoca dei pertinenti ordini, delle restrizioni e/o dei divieti di impedire:

  (a) l’espulsione e lo sfollamento forzato dalle proprie abitazioni;

  (b) la privazione di:

  (i) accesso a cibo e acqua adeguati;

  (ii) accesso all’assistenza umanitaria, compreso l’accesso a carburante adeguato,

alloggio, vestiti, igiene e servizi igienico-sanitari;

  (iii) forniture e assistenza medica; E

  (c) la distruzione della vita palestinese a Gaza.

(6) Lo Stato di Israele dovrà, nei confronti dei palestinesi, garantire che anche il suo esercito

poiché qualsiasi unità armata irregolare o individuo che possa essere diretto, supportato o altrimenti influenzato da esso e qualsiasi organizzazione e persona che possa essere soggetta al suo controllo, direzione o influenza, non commettono alcun atto descritto ai precedenti punti (4) e (5). , o si impegnano in incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio, cospirazione per commettere genocidio, tentativo di commettere genocidio, o complicità in genocidio, e nella misura in cui vi si impegnano, che siano adottate misure verso la loro punizione ai sensi degli articoli I, II, III e IV della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio.

(7) Lo Stato di Israele adotterà misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti che rientrano nel campo di applicazione dell’Articolo II della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio; a tal fine, lo Stato di Israele non agirà per negare o altrimenti limitare l’accesso a Gaza tramite missioni conoscitive, mandati internazionali e altri organismi per contribuire a garantire la conservazione e la conservazione di tali prove.

(8) Lo Stato di Israele presenterà un rapporto alla Corte su tutte le misure adottate per dare effetto alla presente Ordinanza entro una settimana, a partire dalla data della presente Ordinanza, e successivamente ad intervalli regolari come la Corte ordinerà, fino a quando un la Corte emetterà una decisione definitiva sul caso e tali relazioni saranno pubblicate dalla Corte.

(9) Lo Stato di Israele si asterrà da qualsiasi azione e garantirà che non venga intrapresa alcuna azione che possa aggravare o estendere la controversia davanti alla Corte o renderla più difficile da risolvere.

  12. Al termine delle sue osservazioni orali, Israele ha chiesto alla Corte di farlo

“(1) respingere la richiesta di indicazione di misure provvisorie presentata da Sud

Africa;

(2) eliminare la causa dall’Elenco Generale”.

I. INTRODUZIONE

  13. La Corte inizia richiamando il contesto immediato nel quale è stata investita della presente causa. Il 7 ottobre 2023, Hamas e altri gruppi armati presenti nella Striscia di Gaza hanno effettuato un attacco in Israele, uccidendo più di 1.200 persone, ferendone migliaia e rapendo circa 240 persone, molte delle quali continuano a essere tenute in ostaggio. A seguito di questo attacco, Israele ha lanciato un’operazione militare su larga scala a Gaza, via terra, aria e mare, che sta causando ingenti perdite civili, vasta distruzione di infrastrutture civili e lo sfollamento della stragrande maggioranza della popolazione di Gaza (vedere paragrafo 46 sotto). La Corte è profondamente consapevole della portata della tragedia umana che si sta verificando nella regione ed è profondamente preoccupata per la continua perdita di vite umane e sofferenza umana.

14. Il conflitto in corso a Gaza è stato affrontato nel quadro di diversi organi e agenzie specializzate delle Nazioni Unite. In particolare, sono state adottate risoluzioni dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (vedi risoluzione A/RES/ES-10/21 adottata il 27 ottobre 2023 e risoluzione A/RES/ES-10/22 adottata il 12 dicembre 2023) e dal Consiglio di Sicurezza (vedi risoluzione S/RES/2712 (2023) adottata il 15 novembre 2023 e risoluzione S/RES/2720 (2023) adottata il 22 dicembre 2023), riferendosi a molti aspetti del conflitto. La portata del presente caso sottoposto alla Corte, tuttavia, è limitata, poiché il Sudafrica ha avviato tale procedimento ai sensi della Convenzione sul genocidio.

II. COMPETENZA PRIMA FACIE 1. Osservazioni preliminari

  15. La Corte può adottare provvedimenti provvisori solo qualora le disposizioni invocate dal ricorrente sembrino, prima facie, costituire un fondamento su cui fondare la sua competenza, ma non è necessario che essa si assicuri in modo definitivo di essere competente per quanto riguarda nel merito del caso (vedi Accuse di genocidio ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Misure provvisorie, Ordinanza del 16 marzo 2022, I.C.J. Reports 2022 (I), pp. 217 -218, paragrafo 24).

  16. Nel caso di specie, il Sudafrica cerca di fondare la competenza della Corte sull’articolo 36, paragrafo 1, dello Statuto della Corte e sull’articolo IX della Convenzione sul genocidio (si veda il paragrafo 3 supra). La Corte deve quindi anzitutto verificare se tali disposizioni le attribuiscono prima facie la competenza a statuire nel merito, consentendole – qualora ricorrano le altre condizioni necessarie – di adottare misure provvisorie.

  17. L’articolo IX della Convenzione sul genocidio prevede:

  “Controversie tra le Parti Contraenti relative all’interpretazione, l’applicazione o l’adempimento della presente Convenzione, compresi quelli relativi alla responsabilità di uno Stato per genocidio o per qualsiasi altro atto enumerato nell’articolo III, saranno sottoposti alla Corte internazionale di giustizia su richiesta di una qualsiasi delle parti in causa. controversia.”

18. Il Sudafrica e Israele sono parti della Convenzione sul genocidio. Israele ha depositato il suo strumento di ratifica il 9 marzo 1950 e il Sud Africa ha depositato il suo strumento di adesione il 10 dicembre 1998. Nessuna delle Parti ha formulato una riserva sull’Articolo IX o su qualsiasi altra disposizione della Convenzione.

2. Esistenza di una controversia relativa all’interpretazione, applicazione o adempimento della Convenzione sul genocidio

  19. L’articolo IX della Convenzione sul genocidio subordina la giurisdizione della Corte all’esistenza di una controversia relativa all’interpretazione, all’applicazione o all’adempimento della Convenzione. Una controversia è “un disaccordo su una questione di diritto o di fatto, un conflitto di opinioni giuridiche o di interessi” tra le parti (Concessioni di Mavrommatis Palestine, Sentenza n. 2, 1924, P.C.I.J., Serie A, n. 2, p. 11). . Perché esista una controversia, “[i]vrebbe dimostrato che la pretesa di una parte è positivamente contrastata dall’altra” (Africa sudoccidentale (Etiopia v. Sud Africa; Liberia v. Sud Africa), Obiezioni preliminari, Sentenza, I.C.J. Reports 1962, pag. 328). Le due parti devono “avere opinioni chiaramente opposte riguardo alla questione dell’adempimento o del mancato adempimento di determinati obblighi internazionali” (Presunte violazioni dei diritti sovrani e degli spazi marittimi nel Mar dei Caraibi (Nicaragua c. Colombia), Obiezioni preliminari, Sentenza , Rapporti dell’ICJ 2016 (I), pagina 26, punto 50, che cita l’interpretazione dei trattati di pace con Bulgaria, Ungheria e Romania, prima fase, parere consultivo, Rapporti dell’ICJ 1950, pagina 74). Per determinare se esista una controversia nel caso di specie, la Corte non può limitarsi a constatare che una delle parti sostiene che la Convenzione si applica, mentre l’altra lo nega (vedi Accuse di genocidio ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Misure provvisorie, Ordinanza del 16 marzo 2022, I.C.J. Reports 2022 (I), pp. 218-219, punto 28).

  20. Poiché il Sudafrica ha invocato come base della giurisdizione della Corte la clausola compromissoria della Convenzione sul genocidio, la Corte deve anche accertare, allo stadio attuale del procedimento, se risulti che gli atti e le omissioni lamentati dal ricorrente siano idonei a rientrare nell’ambito di applicazione di tale convenzione ratione materiae (v. Accuse di genocidio ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione russa), Misure provvisorie, Ordinanza del 16 marzo 2022, I.C.J. Reports 2022 ( I), pag. 219, punto 29).

21. Il Sudafrica sostiene che esiste una controversia con Israele relativa all’interpretazione, all’applicazione e all’adempimento della Convenzione sul genocidio. Afferma che, prima del deposito della sua domanda, il Sud Africa ha ripetutamente e con urgenza espresso le sue preoccupazioni, in dichiarazioni pubbliche e in varie sedi multilaterali, compreso il Consiglio di Sicurezza e l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che le azioni di Israele a Gaza equivalgono a un genocidio contro Popolo palestinese. In particolare, come indicato in un comunicato stampa rilasciato il 10 novembre 2023 dal Dipartimento delle Relazioni Internazionali e della Cooperazione del Sud Africa, il Direttore Generale del Dipartimento ha incontrato l’Ambasciatore di Israele in Sud Africa il 9 novembre 2023 e lo ha informato che, mentre il Sudafrica “condannava gli attacchi contro i civili di Hamas”, considerava illegale la risposta di Israele all’attacco del 7 ottobre 2023 e intendeva deferire la situazione in Palestina alla Corte penale internazionale, chiedendo un’indagine sulla leadership israeliana per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. Inoltre, alla ripresa della decima sessione speciale di emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 12 dicembre 2023, alla quale era rappresentato Israele, il rappresentante sudafricano presso le Nazioni Unite ha dichiarato specificamente che “gli eventi delle ultime sei settimane a Gaza hanno dimostrato che Israele agisce contrariamente ai suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio”. La ricorrente ritiene che la controversia tra le parti si fosse già cristallizzata in quel momento. Secondo il Sudafrica, Israele ha negato l’accusa di genocidio in un documento pubblicato dal suo Ministero degli Affari Esteri il 6 dicembre 2023 e aggiornato l’8 dicembre 2023, intitolato “Conflitto Hamas-Israele 2023: domande frequenti”, affermando in particolare che “ [l]’accusa di genocidio contro Israele non solo è del tutto infondata in fatto e in diritto, ma è moralmente ripugnante”. Il ricorrente menziona inoltre che, il 21 dicembre 2023, il Dipartimento per le relazioni internazionali e la cooperazione del Sudafrica ha inviato una nota verbale all’ambasciata di Israele a Pretoria. Afferma di aver ribadito, in questa Nota Verbale, la propria opinione secondo cui gli atti di Israele a Gaza costituiscono un genocidio e che il Sud Africa ha l’obbligo di impedire che venga commesso un genocidio. Il ricorrente afferma che Israele ha risposto con una nota verbale datata 27 dicembre 2023. Sostiene tuttavia che Israele, in tale nota verbale, non ha affrontato le questioni sollevate dal Sudafrica.

  22. Il ricorrente sostiene inoltre che almeno alcuni, se non tutti, gli atti commessi da Israele a Gaza, in seguito all’attacco del 7 ottobre 2023, rientrano nelle disposizioni della Convenzione sul genocidio. Afferma che, in violazione dell’Articolo I della Convenzione, Israele “ha perpetrato e sta perpetrando atti genocidi identificati nell’Articolo II” della Convenzione e che “Israele, i suoi funzionari e/o agenti, hanno agito con l’intento di distruggere i palestinesi a Gaza, parte di un gruppo protetto dalla Convenzione sul genocidio”. Gli atti in questione, secondo il Sud Africa, includono l’uccisione di palestinesi a Gaza, il causare loro gravi danni fisici e mentali, l’imposizione loro di condizioni di vita calcolate per provocare la loro distruzione fisica e lo sfollamento forzato delle persone a Gaza. Il Sudafrica sostiene inoltre che Israele “ha . . . non è riuscito a prevenire né a punire: il genocidio, l’associazione a delinquere finalizzata a commettere un genocidio, l’istigazione diretta e pubblica al genocidio, il tentato genocidio e la complicità nel genocidio, contrariamente agli articoli III e IV della Convenzione sul genocidio”.

23. Israele sostiene che il Sudafrica non è riuscito a dimostrare la giurisdizione prima facie della Corte ai sensi dell’articolo IX della Convenzione sul genocidio. In primo luogo, si sostiene che non vi è alcuna controversia tra le parti perché il Sudafrica non ha dato a Israele una ragionevole opportunità di rispondere alle accuse di genocidio prima che il Sudafrica presentasse la sua richiesta. Israele sostiene che, da un lato, le dichiarazioni pubbliche del Sudafrica che accusano Israele di genocidio e il deferimento della situazione in Palestina alla Corte penale internazionale e, dall’altro, il documento pubblicato dal Ministero degli affari esteri israeliano, che è stato non rivolte direttamente o indirettamente al Sudafrica, non sono sufficienti a provare l’esistenza di una “opposizione positiva” di vedute, come richiesto dalla giurisprudenza della Corte. Il convenuto sottolinea che, nella Nota Verbale dell’Ambasciata di Israele a Pretoria al Dipartimento delle Relazioni Internazionali e della Cooperazione del Sud Africa, datata 27 dicembre 2023, in risposta alla Nota Verbale del Sud Africa, datata 21 dicembre 2023, Israele aveva suggerito una incontro tra le parti per discutere le questioni sollevate dal Sudafrica, ma sostiene che questo tentativo di aprire un dialogo è stato ignorato dal Sudafrica all’epoca dei fatti. Israele ritiene che le affermazioni unilaterali del Sudafrica contro Israele, in assenza di qualsiasi interazione bilaterale tra i due Stati prima del deposito della domanda, non siano sufficienti per stabilire l’esistenza di una controversia ai sensi dell’articolo IX della Convenzione sul genocidio.

  24. Israele sostiene inoltre che gli atti lamentati dal Sudafrica non possono rientrare nelle disposizioni della Convenzione sul genocidio perché non è stata dimostrata, nemmeno prima facie. Secondo Israele, all’indomani delle atrocità commesse il 7 ottobre 2023, di fronte agli attacchi missilistici indiscriminati di Hamas contro Israele, ha agito con l’intenzione di difendersi, di porre fine alle minacce contro di lui e di salvare gli ostaggi. Israele aggiunge inoltre che le sue pratiche volte a mitigare i danni civili e a facilitare l’assistenza umanitaria dimostrano l’assenza di qualsiasi intento genocida. Israele afferma che qualsiasi revisione attenta delle decisioni ufficiali in relazione al conflitto a Gaza presa dalle autorità competenti in Israele dallo scoppio della guerra, in particolare le decisioni prese dal Comitato Ministeriale per gli Affari di Sicurezza Nazionale e dal Gabinetto di Guerra, come nonché dalla Direzione Operativa delle Forze di Difesa Israeliane, dimostra l’enfasi posta sulla necessità di evitare danni ai civili e di agevolare gli aiuti umanitari. A suo avviso, è quindi chiaramente dimostrato che tali decisioni non avevano alcun intento genocida.

  25. La Corte ricorda che, al fine di decidere se esistesse una controversia tra le Parti al momento del deposito del ricorso, essa tiene conto in particolare delle dichiarazioni o dei documenti scambiati tra le Parti, nonché degli eventuali scambi effettuati in contesti multilaterali. A tal fine presta particolare attenzione all’autore della dichiarazione o del documento, al destinatario previsto o effettivo e al suo contenuto. L’esistenza di una controversia è questione di accertamento oggettivo da parte della Corte; è una questione di sostanza e non una questione di forma o di procedura (vedi Accuse di genocidio ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione russa), Misure provvisorie, Ordinanza del 16 marzo 2022, Rapporti ICJ 2022 (I), pp. 220-221, paragrafo 35).

  26. La Corte rileva che il Sud Africa ha rilasciato dichiarazioni pubbliche in vari contesti multilaterali e bilaterali in cui ha espresso il proprio parere secondo cui, alla luce della natura, della portata e della portata delle operazioni militari di Israele a Gaza, le azioni di Israele equivalgono a violazioni dei suoi obblighi ai sensi la Convenzione sul genocidio. Ad esempio, alla ripresa della decima sessione speciale di emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 12 dicembre 2023, alla quale era rappresentato Israele, il rappresentante sudafricano presso le Nazioni Unite ha dichiarato che “gli eventi delle ultime sei settimane a Gaza hanno dimostrato che Israele agisce contrariamente ai suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio”. Il Sudafrica ha ricordato questa dichiarazione nella sua nota verbale del 21 dicembre 2023 all’ambasciata di Israele a Pretoria.

27. La Corte rileva che Israele ha respinto qualsiasi accusa di genocidio nel contesto del conflitto a Gaza in un documento pubblicato dal Ministero degli Affari Esteri israeliano il 6 dicembre 2023 che è stato successivamente aggiornato e riprodotto sul sito web delle Forze di Difesa Israeliane il 15 dicembre 2023 con il titolo “La guerra contro Hamas: rispondere alle vostre domande più urgenti”, affermando che “[l]’accusa di genocidio contro Israele non solo è del tutto infondata in fatto e in diritto, ma è moralmente ripugnante”. Nel documento, Israele afferma anche che “[l]’accusa di genocidio. . . non è solo giuridicamente e fattivamente incoerente, è osceno” e che “non esisteva . . . base valida, in fatto o in diritto, per l’accusa vergognosa di genocidio”.

  28. Alla luce di quanto sopra, la Corte ritiene che le parti sembrano avere opinioni chiaramente opposte riguardo al fatto se determinati atti o omissioni presumibilmente commessi da Israele a Gaza equivalgano a violazioni da parte di quest’ultimo dei suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio. La Corte ritiene che gli elementi sopra menzionati siano sufficienti in questa fase per stabilire prima facie l’esistenza di una controversia tra le Parti relativa all’interpretazione, applicazione o adempimento della Convenzione sul genocidio.

  29. Per quanto riguarda la questione se gli atti e le omissioni lamentati dal ricorrente sembrano poter rientrare nelle disposizioni della Convenzione sul genocidio, la Corte ricorda che il Sud Africa ritiene che Israele sia responsabile di aver commesso il genocidio a Gaza e di non aver impedito e punire gli atti genocidi. Il Sudafrica sostiene che Israele ha violato anche altri obblighi previsti dalla Convenzione sul genocidio, compresi quelli riguardanti “la cospirazione per commettere un genocidio, l’incitamento diretto e pubblico al genocidio, il tentato genocidio e la complicità nel genocidio”.

30. Allo stato attuale del procedimento, la Corte non è tenuta ad accertare se si siano verificate violazioni degli obblighi di Israele ai sensi della Convenzione sul genocidio. Una constatazione del genere potrebbe essere effettuata dalla Corte solo nella fase dell’esame del merito della presente causa. Come già rilevato (v. supra paragrafo 20), nella fase di pronuncia dell’ordinanza sulla richiesta di indicazione di misure provvisorie, spetta al Tribunale stabilire se gli atti e le omissioni censurati dal ricorrente sembrano idonei a rientrare nell’ambito di applicazione le disposizioni della Convenzione sul genocidio (cfr. Accuse di genocidio ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Misure provvisorie, Ordinanza del 16 marzo 2022, Rapporti I.C.J. 2022 (I), p 222, paragrafo 43). Secondo la Corte, almeno alcuni degli atti e delle omissioni attribuiti dal Sudafrica a Gaza sembrano essere idonei a rientrare nelle disposizioni della Convenzione.

3. Conclusione sulla competenza prima facie

  31. Alla luce di quanto precede, la Corte conclude che, prima facie, è competente a conoscere del caso ai sensi dell’articolo IX della Convenzione sul genocidio.

32. Considerata la conclusione di cui sopra, la Corte ritiene di non poter accogliere la richiesta di Israele di cancellare il caso dalla Lista Generale.

III. CLASSIFICA DEL SUDAFRICA

  33. La Corte rileva che il convenuto non ha contestato la posizione del ricorrente nel presente procedimento. Ricorda che, nel caso riguardante l’applicazione della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Gambia c. Myanmar), in cui è stato invocato anche l’articolo IX della Convenzione sul genocidio, ha osservato che tutti gli Stati parti della Convenzione La Convenzione ha un interesse comune ad assicurare la prevenzione, la repressione e la punizione del genocidio, impegnandosi ad adempiere agli obblighi contenuti nella Convenzione. Un tale interesse comune implica che gli obblighi in questione siano dovuti da qualsiasi Stato parte verso tutti gli altri Stati parti della relativa convenzione; si tratta di obblighi erga omnes partes, nel senso che ciascuno Stato parte ha interesse a rispettarli in ogni singolo caso. L’interesse comune al rispetto degli obblighi previsti dalla Convenzione sul genocidio implica che qualsiasi Stato parte, senza distinzioni, abbia il diritto di invocare la responsabilità di un altro Stato parte per una presunta violazione dei suoi obblighi erga omnes partes. Pertanto, la Corte ha ritenuto che qualsiasi Stato parte della Convenzione sul genocidio può invocare la responsabilità di un altro Stato parte, anche attraverso l’avvio di un procedimento dinanzi alla Corte, al fine di accertare l’asserito mancato rispetto dei suoi obblighi erga omnes partes ai sensi della Convenzione. Convenzione e di porre fine a tale fallimento (Applicazione della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Gambia c. Myanmar), Obiezioni preliminari, Sentenza, I.C.J. Reports 2022 (II), pp. 516-517, paragrafi 107-108 e 112).

34. La Corte conclude, prima facie, che il Sudafrica è legittimato a sottoporle la controversia con Israele riguardante presunte violazioni degli obblighi derivanti dalla Convenzione sul genocidio.

IV. I DIRITTI DI CUI SI RICHIEDE LA TUTELA E IL LEGAME TRA TALI DIRITTI E LE MISURE RICHIESTE

  35. Il potere della Corte di indicare misure provvisorie ai sensi dell’articolo 41 dello Statuto ha per oggetto la salvaguardia dei rispettivi diritti rivendicati dalle parti in una causa, in attesa della sua decisione nel merito. Ne consegue che la Corte deve preoccuparsi di preservare con tali misure i diritti che essa potrà successivamente dichiarare spettanti a ciascuna delle parti. Pertanto, la Corte può esercitare questo potere solo se ritiene che i diritti fatti valere dalla parte che richiede tali misure siano almeno plausibili (si veda, ad esempio, Accuse di genocidio ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio ( Ucraina c. Federazione Russa), Misure provvisorie, Ordinanza del 16 marzo 2022, I.C.J. Reports 2022 (I), p. 223, punto 50).

36. In questa fase del procedimento, tuttavia, la Corte non è chiamata a stabilire in via definitiva se esistano i diritti che il Sudafrica auspica siano tutelati. Deve solo decidere se i diritti rivendicati dal Sudafrica, e per i quali sta cercando protezione, sono plausibili. Inoltre, deve esistere un nesso tra i diritti di cui si chiede la tutela e le misure provvisorie richieste (accuse di genocidio ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), misure provvisorie, ordinanza del 16 marzo 2022, ICJ Reports 2022 (I), pagina 224, paragrafo 51).

37. Il Sudafrica sostiene che cerca di proteggere i diritti dei palestinesi a Gaza, così come i propri diritti ai sensi della Convenzione sul genocidio. Si riferisce al diritto dei palestinesi nella Striscia di Gaza di essere protetti da atti di genocidio, tentato genocidio, incitamento diretto e pubblico a commettere un genocidio, complicità nel genocidio e cospirazione per commettere un genocidio. Il ricorrente sostiene che la Convenzione vieta la distruzione di un gruppo o di parte di esso e afferma che i palestinesi nella Striscia di Gaza, a causa della loro appartenenza ad un gruppo, “sono protetti dalla Convenzione, così come lo è il gruppo stesso”. Il Sudafrica sostiene inoltre che cerca di proteggere il proprio diritto a salvaguardare il rispetto della Convenzione sul genocidio. Il Sudafrica sostiene che i diritti in questione sono “almeno plausibili”, poiché sono “fondati su una possibile interpretazione” della Convenzione sul genocidio.

38. Il Sud Africa sostiene che le prove davanti alla Corte “mostrano incontestabilmente un modello di condotta e le relative intenzioni che giustificano una plausibile affermazione di atti genocidi”. Essa contesta, in particolare, la commissione dei seguenti atti con intento genocida: uccisione, cagionamento di gravi danni fisici e mentali, inflizione al gruppo di condizioni di vita intese a provocarne la distruzione fisica totale o parziale, e imposizione di misure destinate a prevenire le nascite all’interno del gruppo. Secondo il Sudafrica, l’intento genocida è evidente dal modo in cui viene condotto l’attacco militare israeliano, dal chiaro modello di condotta di Israele a Gaza e dalle dichiarazioni rilasciate dai funzionari israeliani in relazione all’operazione militare nella Striscia di Gaza. Il ricorrente sostiene inoltre che “[l]’incapacità intenzionale del governo di Israele di condannare, prevenire e punire tale incitamento al genocidio costituisce di per sé una grave violazione della Convenzione sul genocidio”.

Il Sudafrica sottolinea che qualsiasi intenzione dichiarata dal convenuto di distruggere Hamas non preclude l’intento genocida di Israele nei confronti dell’intero o parte del popolo palestinese di Gaza.

  39. Israele afferma che, nella fase delle misure provvisorie, la Corte deve stabilire che i diritti rivendicati dalle parti in una causa sono plausibili, ma “[s]implicare che i diritti rivendicati siano plausibili non è sufficiente”. Secondo il resistente, la Corte deve considerare anche le affermazioni di fatto nel contesto rilevante, inclusa la questione della possibile violazione dei diritti fatti valere.

40. Israele sostiene che il quadro giuridico appropriato per il conflitto a Gaza è quello del diritto internazionale umanitario e non della Convenzione sul genocidio. Sostiene che, in situazioni di guerra urbana, le vittime civili possono essere una conseguenza involontaria dell’uso legittimo della forza contro obiettivi militari e non costituiscono atti di genocidio. Israele ritiene che il Sudafrica abbia travisato i fatti sul campo e osserva che i suoi sforzi per mitigare i danni durante lo svolgimento delle operazioni e per alleviare le difficoltà e le sofferenze attraverso le attività umanitarie a Gaza servono a dissipare  o, per lo meno, a militare contro  qualsiasi accusa di intento genocida. Secondo il convenuto, le dichiarazioni dei funzionari israeliani presentate dal Sud Africa sono “nella migliore delle ipotesi fuorvianti” e “non conformi alla politica del governo”. Israele ha anche richiamato l’attenzione sul recente annuncio del suo Procuratore Generale secondo cui “[qualsiasi] dichiarazione che chieda, tra l’altro, danni intenzionali ai civili. . . può costituire un reato penale, compreso il reato di istigazione” e che “[c]attualmente molti casi simili sono all’esame delle autorità di contrasto israeliane”. Dal punto di vista di Israele, né queste dichiarazioni né il suo modello di condotta nella Striscia di Gaza danno luogo ad una “deduzione plausibile” di un intento genocida. In ogni caso, sostiene Israele, poiché lo scopo delle misure provvisorie è quello di preservare i diritti di entrambe le parti, la Corte deve, nel caso di specie, considerare e “bilanciare” i rispettivi diritti del Sud Africa e di Israele. Il convenuto sottolinea che ha la responsabilità di proteggere i suoi cittadini, compresi quelli catturati e tenuti in ostaggio a seguito dell’attacco avvenuto il 7 ottobre 2023. Di conseguenza, sostiene che il suo diritto all’autodifesa è fondamentale per qualsiasi valutazione della situazione attuale.

41. La Corte ricorda che, conformemente all’articolo I della Convenzione, tutti gli Stati parti della Convenzione si sono impegnati a “prevenire e punire” il crimine di genocidio. L’Articolo II prevede che “per genocidio si intende qualunque dei seguenti atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, in quanto tale:

(a) Uccidere membri del gruppo;

(b) Causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo;

(c) Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a realizzarlo

distruzione fisica totale o parziale;

d) Imporre misure intese a prevenire le nascite all’interno del gruppo;

(e) Trasferimento forzato di bambini del gruppo ad un altro gruppo”.

  42. Ai sensi dell’Articolo III della Convenzione sul genocidio, sono vietati anche i seguenti atti: associazione a delinquere finalizzata a commettere un genocidio (Articolo III, paragrafo (b)), istigazione diretta e pubblica a commettere un genocidio (Articolo III, paragrafo (b)). c)), tentativo di genocidio (articolo III, paragrafo (d)) e complicità nel genocidio (articolo III, paragrafo (e)).

43. Le disposizioni della Convenzione mirano a proteggere i membri di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso da atti di genocidio o da qualsiasi altro atto punibile enumerato nell’articolo III. La Corte ritiene che esista una correlazione tra i diritti dei membri di gruppi protetti dalla Convenzione sul genocidio, gli obblighi che incombono sugli Stati parti e il diritto di qualsiasi Stato parte di chiederne il rispetto da parte di un altro Stato parte (Applicazione della Convenzione sul genocidio la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio (Gambia c. Myanmar), Misure provvisorie, Ordinanza del 23 gennaio 2020, I.C.J. Reports 2020, p. 20, par. 52).

44. La Corte ricorda che, affinché gli atti rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo II della Convenzione,

“L’intento deve essere quello di distruggere almeno una parte sostanziale di quel particolare gruppo. Ciò è richiesto dalla natura stessa del reato di genocidio: poiché l’oggetto e lo scopo della Convenzione nel suo insieme è prevenire la distruzione intenzionale di gruppi, la parte presa di mira deve essere sufficientemente significativa da avere un impatto sul gruppo nel suo insieme. .” (Applicazione della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Bosnia ed Erzegovina c. Serbia e Montenegro), Sentenza, I.C.J. Reports 2007 (I), p. 126, par. 198.)

45. I palestinesi sembrano costituire un distinto “gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”, e quindi un gruppo protetto ai sensi dell’Articolo II della Convenzione sul genocidio. La Corte osserva che, secondo fonti delle Nazioni Unite, la popolazione palestinese della Striscia di Gaza comprende oltre 2 milioni di persone. I palestinesi nella Striscia di Gaza costituiscono una parte sostanziale del gruppo protetto.

46. La Corte rileva che l’operazione militare condotta da Israele in seguito all’attacco del 7 ottobre 2023 ha provocato un gran numero di morti e feriti, nonché la massiccia distruzione di case, lo sfollamento forzato della stragrande maggioranza della popolazione e ingenti danni alle infrastrutture civili. Sebbene i dati relativi alla Striscia di Gaza non possano essere verificati in modo indipendente, informazioni recenti indicano che 25.700 palestinesi sono stati uccisi, sono stati segnalati oltre 63.000 feriti, oltre 360.000 unità abitative sono state distrutte o parzialmente danneggiate e circa 1,7 milioni di persone sono state sfollate internamente (vedi Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), Ostilità nella Striscia di Gaza e in Israele  impatto segnalato, giorno 109 (24 gennaio 2024)).

47. La Corte prende atto, a questo proposito, della dichiarazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite

Il 5 gennaio 2024, il Segretario generale per gli affari umanitari e il coordinatore degli aiuti di emergenza, Martin Griffiths:

  “Gaza è diventata un luogo di morte e disperazione.

  . . . Le famiglie dormono all’aperto mentre le temperature precipitano. Le aree in cui ai civili è stato detto di trasferirsi per la loro sicurezza sono state bombardate. Le strutture mediche sono sotto attacco incessante. I pochi ospedali parzialmente funzionanti sono sopraffatti da casi di trauma, gravemente a corto di tutte le forniture e inondati da persone disperate in cerca di sicurezza.

  Si sta verificando un disastro sanitario pubblico. Le malattie infettive si stanno diffondendo nei rifugi sovraffollati mentre le fogne traboccano. Circa 180 donne palestinesi partoriscono ogni giorno in questo caos. Le persone si trovano ad affrontare i più alti livelli di insicurezza alimentare mai registrati. La carestia è dietro l’angolo.

  Per i bambini in particolare, le ultime 12 settimane sono state traumatiche: niente cibo. No acqua. Niente scuola. Nient’altro che i terrificanti suoni della guerra, giorno dopo giorno.

  Gaza è semplicemente diventata inabitabile. La sua gente è testimone quotidiana di minacce alla sua stessa esistenza, mentre il mondo osserva”. (OCHA, “Capo dei soccorsi delle Nazioni Unite: la guerra a Gaza deve finire”, dichiarazione di Martin Griffiths, sottosegretario generale per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza, 5 gennaio 2024.)

  48. A seguito di una missione nel nord di Gaza, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha riferito che, al 21 dicembre 2023:

  “Un livello senza precedenti della popolazione di Gaza si trova ad affrontare livelli critici di fame, con cibo insufficiente e alti livelli di malnutrizione. Almeno 1 famiglia su 4 si trova ad affrontare “condizioni catastrofiche”: sperimentando un’estrema mancanza di cibo e morendo di fame e avendo fatto ricorso alla vendita dei propri beni e ad altre misure estreme per permettersi un pasto semplice. La fame, la miseria e la morte sono evidenti”. (OMS, “Combinazione letale di fame e malattie per portare a più morti a Gaza”, 21 dicembre 2023; vedere anche Programma alimentare mondiale, “Gaza sull’orlo del baratro perché una persona su quattro affronta la fame estrema”, 20 dicembre 2023. )

49. La Corte prende inoltre atto della dichiarazione rilasciata il 13 gennaio 2024 dal Commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA), Philippe Lazzarini:

  “Sono passati 100 giorni da quando è iniziata la guerra devastante, che ha causato la morte e lo sfollamento di persone a Gaza, in seguito agli orribili attacchi che Hamas e altri gruppi hanno compiuto contro la popolazione di Israele. Sono stati 100 giorni di duro calvario e di ansia per gli ostaggi e le loro famiglie.

Negli ultimi 100 giorni, i bombardamenti prolungati sulla Striscia di Gaza hanno causato lo sfollamento di massa di una popolazione che è in uno stato di flusso: costantemente sradicata e costretta ad andarsene dall’oggi al domani, solo per spostarsi in luoghi altrettanto pericolosi. Questo è stato il più grande spostamento del popolo palestinese dal 1948.

  Questa guerra ha colpito più di 2 milioni di persone, ovvero l’intera popolazione di Gaza. Molti porteranno cicatrici per tutta la vita, sia fisiche che psicologiche. La stragrande maggioranza, compresi i bambini, è profondamente traumatizzata.

  I rifugi dell’UNRWA, sovraffollati e antigenici, sono diventati la “casa” di oltre 1,4 milioni di persone. Manca tutto, dal cibo all’igiene alla privacy. Le persone vivono in condizioni disumane, dove le malattie si diffondono, anche tra i bambini. Vivono nell’invivibile, con il tempo che scorre veloce verso la carestia.

  La situazione dei bambini a Gaza è particolarmente straziante. Un’intera generazione di bambini è traumatizzata e ci vorranno anni per guarire. Migliaia di persone sono state uccise, mutilate e rese orfane. Centinaia di migliaia sono prive di istruzione. Il loro futuro è in pericolo, con conseguenze di vasta portata e di lunga durata”. (UNRWA, “La Striscia di Gaza: 100 giorni di morte, distruzione e sfollamento”, Dichiarazione di Philippe Lazzarini, Commissario Generale dell’UNRWA, 13 gennaio 2024.)

50. Il Commissario generale dell’UNRWA ha inoltre affermato che la crisi a Gaza è “aggravata da un linguaggio disumanizzante” (UNRWA, “La Striscia di Gaza: 100 giorni di morte, distruzione e sfollamento”, dichiarazione di Philippe Lazzarini, Commissario generale dell’UNRWA, 13 gennaio 2024).

51. A questo proposito, la Corte ha preso atto di una serie di dichiarazioni rilasciate da alti funzionari israeliani. Si richiama l’attenzione, in particolare, sui seguenti esempi.

52. Il 9 ottobre 2023, Yoav Gallant, ministro della Difesa israeliano, ha annunciato di aver ordinato un “assedio completo” di Gaza City e che non ci sarebbero stati “elettricità, cibo, carburante” e che “tutto [era] Chiuso”. Il giorno successivo, il ministro Gallant ha dichiarato, parlando alle truppe israeliane al confine di Gaza:

  “Ho rilasciato tutte le restrizioni. . . Hai visto contro cosa stiamo combattendo. Stiamo combattendo gli animali umani. Questo è l’Isis di Gaza. Questo è ciò contro cui stiamo combattendo. . . Gaza non tornerà a essere quella di prima. Non ci sarà Hamas. Elimineremo tutto. Se non ci vorrà un giorno, ci vorrà una settimana, ci vorranno settimane o addirittura mesi, raggiungeremo tutti i posti”.

Il 12 ottobre 2023, Isaac Herzog, presidente di Israele, ha dichiarato, riferendosi a Gaza:

  “Stiamo lavorando, operando militarmente secondo le regole del diritto internazionale.

Inequivocabilmente. La responsabilità è di un’intera nazione. Non è vera questa retorica sui civili non consapevoli, non coinvolti. Non è assolutamente vero. Avrebbero potuto insorgere. Avrebbero potuto combattere contro quel regime malvagio che ha preso il controllo di Gaza con un colpo di stato. Ma siamo in guerra. Siamo in guerra. Siamo in guerra. Stiamo difendendo le nostre case. Stiamo proteggendo le nostre case. È la verità. E quando una nazione protegge la propria casa, combatte. E combatteremo finché non spezzeremo loro la spina dorsale”.

Il 13 ottobre 2023, Israel Katz, allora ministro dell’Energia e delle Infrastrutture di Israele, ha dichiarato su X (ex Twitter):

  “Combatteremo l’organizzazione terroristica Hamas e la distruggeremo. A tutta la popolazione civile di Gaza viene ordinato di andarsene immediatamente. Vinceremo. Non riceveranno una goccia d’acqua o una singola batteria finché non lasceranno il mondo”.

53. La Corte prende inoltre atto di un comunicato stampa del 16 novembre 2023, emesso da 37 relatori speciali, esperti indipendenti e membri di gruppi di lavoro facenti parte delle procedure speciali del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, in cui hanno espresso allarme per “evidenti retorica genocida e disumanizzante proveniente da alti funzionari del governo israeliano”. Inoltre, il 27 ottobre 2023, il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale ha osservato di essere “[altamente] preoccupato per il forte aumento dell’incitamento all’odio razzista e della disumanizzazione nei confronti dei palestinesi a partire dal 7 ottobre”.

54. Secondo la Corte, i fatti e le circostanze sopra menzionati sono sufficienti per concludere che almeno alcuni dei diritti rivendicati dal Sudafrica e per i quali chiede protezione sono plausibili. Questo è il caso del diritto dei palestinesi di Gaza ad essere protetti dagli atti di genocidio e dei relativi atti proibiti identificati nell’Articolo III, e del diritto del Sudafrica di chiedere il rispetto da parte di Israele degli obblighi di quest’ultimo ai sensi della Convenzione.

  55. La Corte passa ora alla condizione del nesso tra i diritti plausibili rivendicati dal Sudafrica e le misure provvisorie richieste.

56. Il Sudafrica ritiene che esista un nesso tra i diritti di cui si chiede la tutela e le misure provvisorie che richiede. Essa sostiene, in particolare, che le prime sei misure provvisorie sono state richieste per garantire il rispetto da parte di Israele degli obblighi derivanti dalla Convenzione sul genocidio, mentre le ultime tre sono dirette a tutelare l’integrità del procedimento dinanzi alla Corte e il diritto del Sudafrica ad avere i propri diritti richiesta abbastanza giudicata.

57. Israele ritiene che le misure richieste vadano oltre quanto necessario per tutelare i diritti in via provvisoria e non abbiano quindi alcun nesso con i diritti che si chiede di tutelare. Il convenuto sostiene, inter alia, che la concessione della prima e della seconda misura richiesta dal Sud Africa (si veda il paragrafo 11 supra) invertirebbe la giurisprudenza della Corte, poiché tali misure sarebbero “per la tutela di un diritto che non potrebbe costituire la base di una sentenza sull’esercizio della giurisdizione ai sensi della Convenzione sul genocidio”.

58. La Corte ha già ritenuto (si veda il paragrafo 54 supra) che almeno alcuni dei diritti rivendicati dal Sudafrica ai sensi della Convenzione sul genocidio sono plausibili.

59. La Corte ritiene che, per la loro stessa natura, almeno alcune delle misure provvisorie richieste dal Sudafrica mirano a preservare i plausibili diritti da esso rivendicati sulla base della Convenzione sul genocidio nel caso di specie, vale a dire il diritto dei palestinesi a Gaza di essere protetto dagli atti di genocidio e dai relativi atti proibiti menzionati nell’Articolo III, e il diritto del Sud Africa di chiedere il rispetto da parte di Israele degli obblighi di quest’ultimo ai sensi della Convenzione. Esiste quindi un nesso tra i diritti rivendicati dal Sudafrica, che la Corte ha ritenuto plausibili, e almeno alcune delle misure provvisorie richieste.

V. RISCHIO DI PREGIUDIZIO IRREPARABILE E URGENZA

  60. La Corte, ai sensi dell’articolo 41 del suo Statuto, ha il potere di indicare misure provvisorie quando potrebbe essere arrecato un pregiudizio irreparabile a diritti oggetto di un procedimento giurisdizionale o quando l’asserita violazione di tali diritti può comportare conseguenze irreparabili (vedi, ad esempio, Accuse di genocidio ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Misure provvisorie, Ordinanza del 16 marzo 2022, Rapporti I.C.J. 2022 (I), pagina 226, paragrafo 65 ).

61. Tuttavia, il potere della Corte di indicare misure provvisorie sarà esercitato solo in caso di urgenza, nel senso che esiste un rischio reale e imminente che venga arrecato un pregiudizio irreparabile ai diritti rivendicati prima che la Corte si pronunci definitivamente . La condizione di urgenza è soddisfatta quando gli atti suscettibili di causare un pregiudizio irreparabile possono “verificarsi in qualsiasi momento” prima che la Corte prenda una decisione definitiva sul caso (accuse di genocidio ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Misure provvisorie, Ordinanza del 16 marzo 2022, I.C.J. Reports 2022 (I), p. 227, punto 66). La Corte deve quindi valutare se tale rischio sussista in questa fase del procedimento.

  62. La Corte non è chiamata, ai fini della sua decisione sulla richiesta di indicazione di misure provvisorie, a stabilire l’esistenza di violazioni degli obblighi derivanti dalla Convenzione sul genocidio, ma a determinare se le circostanze richiedono l’indicazione di misure provvisorie per la tutela dei diritti derivanti da tale strumento. Come già osservato, la Corte non può in questa fase effettuare accertamenti definitivi in fatto (si veda il paragrafo 30 supra), e il diritto di ciascuna parte di presentare argomenti nel merito rimane inalterato dalla decisione della Corte sulla richiesta di indicazione delle misure provvisorie le misure.

  63. Il Sudafrica sostiene che esiste un chiaro rischio di pregiudizio irreparabile ai diritti dei palestinesi di Gaza e ai propri diritti ai sensi della Convenzione sul genocidio. Essa afferma che la Corte ha ripetutamente constatato che il criterio del pregiudizio irreparabile è soddisfatto quando emergono rischi gravi per la vita umana o altri diritti fondamentali. Secondo il richiedente, le statistiche quotidiane costituiscono una chiara prova dell’urgenza e del rischio di pregiudizi irreparabili, con una media di 247 palestinesi uccisi, 629 feriti e 3.900 case palestinesi danneggiate o distrutte ogni giorno. Inoltre, secondo il Sudafrica, i palestinesi della Striscia di Gaza sono a

“rischio immediato di morte per fame, disidratazione e malattie a causa del continuo assedio da parte di Israele, della distruzione delle città palestinesi, degli aiuti insufficienti concessi alla popolazione palestinese e dell’impossibilità di distribuire questi aiuti limitati mentre cadono le bombe”.

Il richiedente sostiene inoltre che qualsiasi aumento da parte di Israele dell’accesso agli aiuti umanitari a Gaza non costituirebbe una risposta alla sua richiesta di misure provvisorie. Il Sudafrica aggiunge che, “se le violazioni [di Israele] della Convenzione sul genocidio restassero incontrollate”, l’opportunità di raccogliere e conservare prove per la fase di merito del procedimento sarebbe seriamente compromessa, se non persa del tutto.

64. Israele nega che esista un rischio reale e imminente di pregiudizio irreparabile nel caso di specie. Essa sostiene di aver adottato e continua ad adottare misure concrete mirate specificatamente a riconoscere e garantire il diritto all’esistenza dei civili palestinesi di Gaza e di aver facilitato la fornitura di assistenza umanitaria in tutta la Striscia di Gaza. A questo proposito, il convenuto osserva che, con l’assistenza del Programma alimentare mondiale, hanno recentemente riaperto una dozzina di panifici con la capacità di produrre più di 2 milioni di pane al giorno. Israele sostiene inoltre che continua a fornire la propria acqua a Gaza tramite due condutture, che facilita la consegna di acqua in bottiglia in grandi quantità e che ripara ed espande le infrastrutture idriche. Essa precisa inoltre che l’accesso alle forniture e ai servizi medici è aumentato e afferma, in particolare, di aver facilitato la realizzazione di sei ospedali da campo e di due ospedali galleggianti e che altri due ospedali sono in costruzione. Sostiene inoltre che l’ingresso di squadre mediche a Gaza è stato facilitato e che i malati e i feriti vengono evacuati attraverso il valico di frontiera di Rafah. Secondo Israele, sono state distribuite anche tende e attrezzature invernali ed è stata facilitata la consegna di carburante e gas da cucina. Israele afferma inoltre che, secondo una dichiarazione del suo ministro della Difesa del 7 gennaio 2024, la portata e l’intensità delle ostilità stanno diminuendo.

65. La Corte ricorda che, come sottolineato nella risoluzione 96 (I) dell’Assemblea Generale dell’11 dicembre 1946,

“Il genocidio è la negazione del diritto all’esistenza di interi gruppi umani, come l’omicidio è la negazione del diritto alla vita dei singoli esseri umani; tale negazione del diritto all’esistenza sconvolge la coscienza dell’umanità, si traduce in grandi perdite per l’umanità sotto forma di contributi culturali e di altro tipo rappresentati da questi gruppi umani, ed è contraria alla legge morale e allo spirito e agli obiettivi delle Nazioni Unite” .

La Corte ha osservato, in particolare, che la Convenzione sul genocidio “è stata manifestamente adottata per uno scopo puramente umanitario e civilizzatore”, poiché “il suo scopo è, da un lato, di salvaguardare l’esistenza stessa di alcuni gruppi umani e, dall’altro, di confermare e approvare i principi più elementari della moralità” (Riserve alla Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, parere consultivo, I.C.J. Reports 1951, p. 23).

66. Alla luce dei valori fondamentali che si intende tutelare mediante la Convenzione sul genocidio, la Corte ritiene che i diritti plausibili in questione in questo procedimento, vale a dire il diritto dei palestinesi nella Striscia di Gaza ad essere protetti da atti di genocidio e da atti proibiti correlati identificati nell’articolo III della Convenzione sul genocidio e il diritto del Sudafrica di chiedere il rispetto da parte di Israele degli obblighi assunti da quest’ultimo ai sensi della Convenzione, sono di natura tale che un pregiudizio ad essi può causare un danno irreparabile (vedi Applicazione della Convenzione sulla prevenzione e Punizione del crimine di genocidio (Gambia c. Myanmar), Misure provvisorie, Ordinanza del 23 gennaio 2020, I.C.J. Reports 2020, p 26, par. 70).

67. Durante il conflitto in corso, alti funzionari delle Nazioni Unite hanno ripetutamente richiamato l’attenzione sul rischio di un ulteriore deterioramento delle condizioni nella Striscia di Gaza. La Corte prende atto, ad esempio, della lettera del 6 dicembre 2023, con la quale il Segretario generale delle Nazioni Unite ha portato all’attenzione del Consiglio di Sicurezza le seguenti informazioni:

  “Il sistema sanitario a Gaza è al collasso. . .

  Nessun posto è sicuro a Gaza.

  In mezzo ai continui bombardamenti da parte delle forze di difesa israeliane e senza un riparo o gli elementi essenziali per sopravvivere, mi aspetto che presto l’ordine pubblico crollerà completamente a causa delle condizioni disperate, rendendo impossibile anche un’assistenza umanitaria limitata. Potrebbe verificarsi una situazione ancora peggiore, che potrebbe includere malattie epidemiche e una maggiore pressione per lo sfollamento di massa nei paesi vicini.

  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

  Siamo di fronte a un grave rischio di collasso del sistema umanitario. La situazione

sta rapidamente degenerando in una catastrofe con implicazioni potenzialmente irreversibili

palestinesi nel loro insieme e per la pace e la sicurezza nella regione. Un tale risultato deve

essere evitato a tutti i costi”. (Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, doc. S/2023/962, 6 dic.

2023.)

68. Il 5 gennaio 2024, il Segretario generale ha scritto nuovamente al Consiglio di Sicurezza, fornendo un aggiornamento sulla situazione nella Striscia di Gaza e osservando che “[s]auguratamente continuano livelli devastanti di morte e distruzione” (Lettera del 5 gennaio 2024). 2024 del Segretario Generale indirizzata al Presidente del Consiglio di Sicurezza, Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, doc. S/2024/26, 8 gennaio 2024).

69. La Corte prende inoltre atto della dichiarazione rilasciata il 17 gennaio 2024 dal Commissario generale dell’UNRWA al ritorno dalla sua quarta visita nella Striscia di Gaza dall’inizio dell’attuale conflitto a Gaza: “Ogni volta che visito Gaza, sono testimone di come le persone sono sprofondate ulteriormente nella disperazione, e la lotta per la sopravvivenza consuma ogni ora”. (UNRWA, “La Striscia di Gaza: una lotta per la sopravvivenza quotidiana in mezzo alla morte, all’esaurimento e alla disperazione”, Dichiarazione di Philippe Lazzarini, Commissario Generale dell’UNRWA, 17 gennaio 2024.)

70. La Corte ritiene che la popolazione civile nella Striscia di Gaza rimanga estremamente vulnerabile. Ricorda che l’operazione militare condotta da Israele dopo il 7 ottobre 2023 ha provocato, tra l’altro, decine di migliaia di morti e feriti e la distruzione di case, scuole, strutture mediche e altre infrastrutture vitali, nonché sfollamenti su vasta scala (vedi paragrafo 46 sopra). La Corte rileva che l’operazione è in corso e che il Primo Ministro israeliano ha annunciato il 18 gennaio 2024 che la guerra “richiederà molti mesi ancora più lunghi”. Al momento, molti palestinesi nella Striscia di Gaza non hanno accesso ai generi alimentari più basilari, all’acqua potabile, all’elettricità, ai medicinali essenziali o al riscaldamento.

71. L’OMS ha stimato che il 15% delle donne che partoriscono nella Striscia di Gaza rischiano di avere complicazioni e indica che si prevede che i tassi di mortalità materna e neonatale aumenteranno a causa della mancanza di accesso alle cure mediche.

72. In queste circostanze, la Corte ritiene che la catastrofica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza corre il serio rischio di peggiorare ulteriormente prima che la Corte emetta la sua sentenza definitiva.

73. La Corte ricorda la dichiarazione di Israele secondo cui ha adottato alcune misure per affrontare e alleviare le condizioni affrontate dalla popolazione nella Striscia di Gaza. La Corte rileva inoltre che il Procuratore Generale di Israele ha recentemente affermato che una richiesta di danno intenzionale ai civili può costituire un reato penale, compreso quello di incitamento, e che diversi casi di questo tipo sono all’esame delle autorità di polizia israeliane. Anche se iniziative come queste vanno incoraggiate, non sono sufficienti a eliminare il rischio che vengano causati danni irreparabili prima che la Corte emetta la sua decisione finale sul caso.

74. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, la Corte ritiene che vi sia urgenza, nel senso che esiste un rischio reale e imminente che venga arrecato un pregiudizio irreparabile ai diritti ritenuti plausibili dalla Corte, prima di dare la sua decisione finale.

VI. CONCLUSIONI E MISURE DA ADOTTARE

  75. La Corte conclude, sulla base delle considerazioni che precedono, che sono soddisfatte le condizioni richieste dal suo Statuto per poter indicare misure provvisorie. È quindi necessario, in attesa della sua decisione finale, che la Corte indichi alcune misure per tutelare i diritti rivendicati dal Sud Africa che la Corte ha ritenuto plausibili (v. paragrafo 54 supra).

76. La Corte ricorda che, ai sensi del suo Statuto, quando è stata presentata una richiesta di misure provvisorie, la Corte ha il potere di indicare misure che sono, in tutto o in parte, diverse da quelle richieste. L’articolo 75, comma 2, del Regolamento della Corte fa specifico riferimento a tale potere della Corte. La Corte ha già esercitato tale potere in diverse occasioni in passato (v., ad esempio, Applicazione della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Gambia c. Myanmar), Misure provvisorie, Ordinanza del 23 gennaio 2020, Rapporti ICJ 2020, pagina 28, paragrafo 77).

77. Nel caso di specie, considerati i termini delle misure provvisorie richieste dal Sudafrica e le circostanze del caso di specie, la Corte constata che non è necessario che le misure da indicare siano identiche a quelle richieste.

  78. La Corte ritiene che, per quanto riguarda la situazione sopra descritta, Israele deve, in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio, nei confronti dei palestinesi di Gaza, adottare tutte le misure in suo potere per impedire la commissione di tutti gli atti all’interno del territorio campo di applicazione dell’articolo II della presente Convenzione, in particolare: a) l’uccisione di membri del gruppo; (b) causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo; (c) infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a provocarne la distruzione fisica totale o parziale; e (d) imporre misure intese a prevenire le nascite all’interno del gruppo. La Corte ricorda che questi atti rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo II della Convenzione quando sono commessi con l’intento di distruggere in tutto o in parte un gruppo in quanto tale (si veda il paragrafo 44 supra). La Corte ritiene inoltre che Israele debba garantire con effetto immediato che le sue forze militari non commettano nessuno degli atti sopra descritti.

79. La Corte è inoltre del parere che Israele debba adottare tutte le misure in suo potere per prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere un genocidio nei confronti dei membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza.

80. La Corte ritiene inoltre che Israele debba adottare misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura dei servizi di base e dell’assistenza umanitaria urgentemente necessari per affrontare le condizioni di vita avverse affrontate dai palestinesi nella Striscia di Gaza.

81. Israele deve inoltre adottare misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti nell’ambito dell’articolo II e dell’articolo III della Convenzione sul genocidio contro membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza.

82. Per quanto riguarda la misura provvisoria richiesta dal Sud Africa secondo la quale Israele deve presentare un rapporto alla Corte su tutte le misure adottate per dare attuazione alla sua ordinanza, la Corte ricorda che ha il potere, riflesso nell’articolo 78 del Regolamento della Corte, di richiedere alle parti di fornire informazioni su ogni questione connessa all’attuazione delle eventuali misure provvisorie dallo stesso indicate. Alla luce delle specifiche misure provvisorie che ha deciso di indicare, la Corte ritiene che Israele debba presentare alla Corte un rapporto su tutte le misure adottate per dare effetto a quest’Ordine entro un mese, a partire dalla data di questo Ordine. La relazione così fornita sarà poi comunicata al Sudafrica, al quale sarà data la possibilità di presentare alla Corte le sue osservazioni al riguardo.

83. La Corte ricorda che le sue ordinanze sulle misure provvisorie ai sensi dell’articolo 41 dello Statuto hanno effetto vincolante e creano quindi obblighi giuridici internazionali per qualsiasi parte destinataria delle misure provvisorie (accuse di genocidio ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del Crimine di genocidio (Ucraina c. Federazione Russa), Misure provvisorie, Ordinanza del 16 marzo 2022, Rapporti I.C.J. 2022 (I), p. 230, punto 84).

84. La Corte ribadisce che la decisione resa nel presente procedimento non pregiudica in alcun modo la questione della competenza della Corte a trattare il merito della causa o qualsiasi questione relativa alla ricevibilità del ricorso o al merito stesso. Resta salvo il diritto dei governi della Repubblica del Sud Africa e dello Stato di Israele di presentare argomenti riguardo a tali questioni.

85. La Corte ritiene necessario sottolineare che tutte le parti in conflitto nella Striscia di Gaza sono vincolate dal diritto internazionale umanitario. È seriamente preoccupato per la sorte degli ostaggi rapiti durante l’attacco in Israele il 7 ottobre 2023 e da allora detenuti da Hamas e da altri gruppi armati, e ne chiede il rilascio immediato e incondizionato.

86. Per questi motivi,

  LA CORTE,

  Indica le seguenti misure provvisorie:

  (1) Con quindici voti contro due,

  Lo Stato di Israele, in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, in relazione ai palestinesi di Gaza, adotterà tutte le misure in suo potere per prevenire la commissione di tutti gli atti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo II della presente Convenzione, in particolare:

(a) uccidere membri del gruppo;

(b) causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo;

(c) infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a procurarne il benessere fisico

distruzione totale o parziale;

d) imporre misure intese a prevenire le nascite all’interno del gruppo;

A FAVORE: Presidente Donoghue; Vicepresidente Gevorgian; Giudici Tomka, Abraham, Bennouna, Yusuf, Xue, Bhandari, Robinson, Salam, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant; Giudice ad hoc Moseneke;

CONTRO: Giudice Sebutinde; giudice ad hoc Barak;

  (2) Con quindici voti contro due,

  Lo Stato di Israele garantirà con effetto immediato che i suoi militari non commettano gli atti descritti al precedente punto 1;

A FAVORE: Presidente Donoghue; Vicepresidente Gevorgian; Giudici Tomka, Abraham, Bennouna, Yusuf, Xue, Bhandari, Robinson, Salam, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant; Giudice ad hoc Moseneke;

CONTRO: Giudice Sebutinde; giudice ad hoc Barak;

  (3) Con sedici voti contro uno,

  Lo Stato di Israele adotterà tutte le misure in suo potere per prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere un genocidio nei confronti dei membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza;

A FAVORE: Presidente Donoghue; Vicepresidente Gevorgian; Giudici Tomka, Abraham, Bennouna, Yusuf, Xue, Bhandari, Robinson, Salam, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant; Giudici ad hoc Barak, Moseneke;

CONTRO: Giudice Sebutinde;

  (4) Con sedici voti contro uno,

  Lo Stato di Israele adotterà misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base e assistenza umanitaria urgentemente necessari per affrontare le condizioni di vita avverse affrontate dai palestinesi nella Striscia di Gaza;

A FAVORE: Presidente Donoghue; Vicepresidente Gevorgian; Giudici Tomka, Abraham, Bennouna, Yusuf, Xue, Bhandari, Robinson, Salam, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant; Giudici ad hoc Barak, Moseneke;

CONTRO: Giudice Sebutinde;

 (5) Con quindici voti contro due,

  Lo Stato di Israele adotterà misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti che rientrano nel campo di applicazione degli Articoli II e III della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio contro membri della comunità palestinese. gruppo nella Striscia di Gaza;

A FAVORE: Presidente Donoghue; Vicepresidente Gevorgian; Giudici Tomka, Abraham, Bennouna, Yusuf, Xue, Bhandari, Robinson, Salam, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant; Giudice ad hoc Moseneke;

CONTRO: Giudice Sebutinde; giudice ad hoc Barak;

  (6) Con quindici voti contro due,

  Lo Stato di Israele presenterà alla Corte un rapporto su tutte le misure adottate per dare attuazione alla presente Ordinanza entro un mese dalla data della presente Ordinanza.

A FAVORE: Presidente Donoghue; Vicepresidente Gevorgian; Giudici Tomka, Abraham, Bennouna, Yusuf, Xue, Bhandari, Robinson, Salam, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant; Giudice ad hoc Moseneke;

CONTRO: Giudice Sebutinde; Giudice ad hoc Barak.

  Fatto in inglese e in francese, facendo fede il testo inglese, al Palazzo della Pace, all’Aja, il ventisei gennaio duemilaventiquattro, in tre esemplari, uno dei quali sarà depositato nell’archivio di la Corte e gli altri trasmessi rispettivamente al Governo della Repubblica del Sud Africa e al Governo dello Stato di Israele.

(Firmato) Joan E. DONOGHUE,

  Presidente.

(Firmato) Philippe GAUTIER,

  Cancelliere.

Il giudice XUE allega una dichiarazione all’ordinanza della Corte; Il giudice SEBUTINDE allega un’opinione dissenziente all’ordinanza della Corte; I giudici BHANDARI e NOLTE allegano dichiarazioni all’ordinanza della Corte; Il giudice ad hoc BARAK allega un parere separato all’ordinanza della Corte.

(Siglato) J.E.D

(Siglato) Ph.G.

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Giornata della Memoria? Celebriamola a Gaza

Alex F Knudsen “Il ragazzo con il pigiama a righe – 2022” 100 Damsfarm Road, Damsgårdsveien.

Forse i bambini possono suggerirci la strada per risolvere le crisi che gli adulti non riescono a chiudere.

di Alessandro Manfridi

Ogni anno il 27 gennaio viene celebrata la “Giornata della Memoria”, istituita dall’ONU il 1° novembre 2005, con la risoluzione 60/7 https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N05/487/96/PDF/N0548796.pdf?OpenElement , per commemorare tutte le vittime dell’Olocausto.

Come educatori e formatori, noi docenti siamo particolarmente attenti a sensibilizzare gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado al significato di questo evento.

Contestualizziamo l’odierna ricorrenza.

Da anni rifletto su come questa Giornata possa essere una occasione per spaziare dall’orrore consumato nei campi di sterminio nazisti a quelli perpetuati nella storia in tanti altri genocidi, da quello dei nativi americani a quello del popolo armeno, fino al massacro in Rwanda, Burundi e Sud Sudan, passando per Cina, Russia, Cambogia, e dalle dittature dei paesi latino americani https://www.studenti.it/genocidi-del-novecento-riassunto.htm

Quest’anno, però, sarà impossibile celebrare la Giornata senza fare i conti con il dramma che si sta protraendo in Israele e a Gaza dagli eventi dello scorso 7 ottobre.

Il 29 dicembre 2023, il Sudafrica ha presentato un ricorso presso la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, avviando un procedimento contro Israele in merito alle  presunte violazioni dei suoi obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (la “Convenzione sul genocidio”) in relazione ai palestinesi nella Striscia di Gaza. https://www.icj-cij.org/case/192

Israele respinge le accuse che gli sono state mosse contro.

La Corte di Giustizia Internazionale si è espressa con Ordine n.192 del 26 gennaio 2024 “Applicazione della Convenzione sulla prevenzione e punizione del reato di genocidio nella Striscia di Gaza” indicando le seguenti misure provvisorie:

  (1)  Lo Stato di Israele, in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, in relazione ai palestinesi di Gaza, adotterà tutte le misure in suo potere per prevenire la commissione di tutti gli atti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo II della presente Convenzione, in particolare:

(a) uccidere membri del gruppo;

(b) causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo;

(c) infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a procurarne il benessere fisico

distruzione totale o parziale;

d) imporre misure intese a prevenire le nascite all’interno del gruppo;

  (2)   Lo Stato di Israele garantirà con effetto immediato che i suoi militari non commettano gli atti descritti al precedente punto 1;

  (3)   Lo Stato di Israele adotterà tutte le misure in suo potere per prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere un genocidio nei confronti dei membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza;

  (4)   Lo Stato di Israele adotterà misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base e assistenza umanitaria urgentemente necessari per affrontare le condizioni di vita avverse affrontate dai palestinesi nella Striscia di Gaza;

 (5)   Lo Stato di Israele adotterà misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti che rientrano nel campo di applicazione degli Articoli II e III della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio contro membri della comunità palestinese. gruppo nella Striscia di Gaza;

  (6)   Lo Stato di Israele presenterà alla Corte un rapporto su tutte le misure adottate per dare attuazione alla presente Ordinanza entro un mese dalla data della presente Ordinanza. https://www.icj-cij.org/sites/default/files/case-related/192/192-20240126-ord-01-00-en.pdf

Ci sono davvero i presupposti per ritenere che quel che si sta consumando a Gaza si configuri come un “genocidio”?

Joshua Frank, analizza sul campo il risultato combinato di tre azioni messe in atto dall’esercito israeliano: l’avvelenamento delle falde acquifere mediante il versamento delle acque reflue marine nei tunnel di Hamas, l’abbattimento sistematico degli ulivi, una delle principali fonti di sussistenza dei Palestinesi (22% dei campi rasi al suolo), l’utilizzo di bombe al fosforo bianco, tossiche e vietate dai trattati internazionali, sganciate da due mesi sui territori. Lo scopo dichiarato è proprio quello di rendere Gaza un deserto (già il 70% delle abitazioni distrutte) e di conseguenza arrivare ad una inevitabile prossima “nakba”, un esodo forzato delle popolazioni palestinesi. https://comune-info.net/la-striscia-di-terra-bruciata/

Quello che inorridisce ciascun cittadino dotato di senso civico e attenzione ai diritti umani fondamentali è che non solo Hamas neghi il diritto di esistenza allo Stato di Israele ma che Israele neghi la stessa possibilità della costituzione di uno Stato palestinese, proposta come unica soluzione alla ultracinquantennale crisi dall’ONU.

Secondo  lo storico Antonio Gibelli le motivazioni che fondano le accuse di genocidio a Israele da parte del Sudafrica sono rintracciabili nelle modalità dell’azione israeliana: uccisioni dirette, morti, malattie e sofferenze provocate, continuità dell’azione, complementarietà tra omicidi di civili e pulizia etnica (spostamento coatto ed espulsione di popolazione).

“Anche a non considerare le dichiarazioni esplicite di ministri israeliani sulla disumanità dei palestinesi e le intenzioni manifestate dai coloni di Cisgiordania, ma tenendo conto dell’intenzione
dichiarata da parte del governo israeliano di prolungare ad libitum l’azione in corso, far rientrare tutto questo nella categoria storica del genocidio appare del tutto legittimo e appropriato. Israele mostra chiaramente l’intenzione di sbarazzarsi definitivamente dei Palestinesi, in un modo o nell’altro.”
https://comune-info.net/aspettando-le-decisioni-dellaia/

Riccardo Cristiano auspica una nuova narrativa che esca da quella di chi oggi si schiera dall’una o dall’altra parte dividendo il mondo in antisemiti – o antigiudei e islamofobi. Occorre un cambio di passo per la soluzione reale dei problemi, posto che lo si voglia fare https://www.settimananews.it/informazione-internazionale/diario-guerra-25/ .

In tutta questa drammatica escalation, oltre agli appelli ripetuti del Vescovo di Roma, la voce dell’ONU sembra quella più chiara e decisa, anche se totalmente inascoltata e sabotata non solo da Hamas ma anche da Israele, oramai unico Stato al mondo ad aver disatteso oltre settanta risoluzioni delle Nazioni Unite dal 1951 ad oggi.

Cosa dobbiamo dire? Forse che i comandi divini di sterminio delle popolazioni nemiche per l’occupazione della Terra Promessa rivolti a Giosuè prima, a Saul e a Davide durante il loro regno poi, debbano essere colti non solo come il segno di racconti i cui contorni non sono (fortunatamente?) registrabili secondo coordinate scientificamente storiche ma, e qui la domanda diventa grido, giustificazione e fondazione biblica per uno Stato che ha la Bibbia (Antico Testamento) ma non una sua Carta Costituente?

Torniamo in classe, per condividere con i nostri studenti una Giornata che risponda non solo al grido di Auschwitz ma anche a quello di Gaza.

Più di una volta ho proposto nelle mie classi la testimonianza di Sami Modiano, sopravissuto al campo della morte di Auschwitz-Birkenau, attraverso la visione del servizio “L’amore dopo la tempesta”, realizzato da Roberto Olla e andato in onda su Speciale Tg1 per la prima volta il 26 gennaio 2014 https://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-35c9a599-5b46-42bf-b119-898bf10f12b4-tg1.html .

Da quel che ho saputo, Sami predilige incontrare i ragazzi più piccoli, quelli del primo ciclo di istruzione, per condividere il suo messaggio e il suo appello.

Questo particolare mi ricorda i passi evangelici in cui Gesù stesso invita chi lo ascolta a farsi attento alla voce e all’esempio dei bambini, perché “a chi è come loro appartiene il regno di Dio” (Mc 10, 13-16).

Mi sembra un principio ermeneutico prezioso ed interessante.

Se volessimo elevare a “norma di comportamento” l’invito evangelico, questo, forse, cambierebbe qualcosa.

Un esempio interessante lo troviamo nell’iniziativa del World’s Children Prize https://worldschildrensprize.org/ , il “Nobel dei bambini”.

Oggi, fuori di ogni metafora, sogneremmo un mondo in cui gli adulti si mettano alla scuola e all’ascolto dei bambini: che poi sono le prime e più numerose vittime di ogni conflitto prodotto dai loro genitori.

Cosa pensavano i bambini di Auschwitz? Sami, ragazzo a Birkenau nel 1946, ce lo testimonia. Cosa pensano i bambini di Gerusalemme? E quelli di Gaza? E quelli dell’Ucraina, del Sud Sudan, del Myanmar, dello Yemen, della Siria?… L’elenco potrebbe continuare.

Magari se daremo voce e ascolto a loro, piuttosto che agli adulti che non vogliono ascoltare nulla e nessuno, potremmo guardare negli occhi i nostri giovani e dire loro che abbiamo imparato qualcosa dalla lezione dell’Olocausto.

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GIUBILEO CENTRIFUGO

“OFF THE FENCE”: una “parola d’ordine che può diventare foriera di un nuovo orientamento, non solo per la Chiesa Cattolica ma anche per chi cura la “Res publica”, raccogliendo l’annuncio, sempre vivo, del Giubileo.

di Alessandro Manfridi

I prossimi mesi ci condurranno all’apertura della Porta Santa, con cui daremo inizio al Giubileo. Vi chiedo di intensificare la preghiera per prepararci a vivere bene questo evento di grazia e sperimentarvi la forza della speranza di Dio. Per questo iniziamo oggi l’Anno della preghiera, cioèun anno dedicato a riscoprire il grande valore e l’assoluto bisogno della preghiera nella vita personale, nella vitadella Chiesa e del mondo. Saremo aiutati anche dai sussidi che il Dicastero per l’Evangelizzazione metterà a disposizione. (https://m.vatican.va/content/francescomobile/it/angelus/2024/documents/20240121-angelus.html)

Con queste parole pronunciate domenica 21 gennaio al termine dell’Angelus in Piazza San Pietro,Papa Francesco ci ha ricordato che tra  un anno vivremo un evento che, da oltre sette secoli, contraddistingue il cammino della cristianità, quello del Giubileo https://www.iubilaeum2025.va/it.html.

Lui stesso ci aveva indicato il 2023 come anno di riflessione sul Concilio Vaticano II a sessant’anni dalla sua apertura che, unito al 2024 celebrato come anno di preghiera, ci stanno preparando al Giubileo, la cui Bolla di indizione dovrebbe essere pubblicata nella prossima Solennità dell’Ascensione,  il 9 maggio 2024.

I Giubilei si richiamano alla loro istituzione biblica, normata nel libro del Levitico al capitolo 25. Il sabato è il “settimo giorno”, il “giorno di Dio” per gli ebrei. Il settimo anno, l’”anno sabbatico”, un anno di riposo dei campi. Dopo “sette settimane di anni”, l’anno cinquantesimo è l’anno il cui ingresso è annunciato con il suono dei corni di ariete (“Jobel”), l’anno del Giubileo, anno di liberazione degli schiavi e di attenzione agli ultimi.

Istituiti nella Chiesa di Roma da Papa Bonifacio VIII nel 1300, i Giubilei vengono celebrati dalla cristianità dapprima ogni cinquanta, poi ogni venticinque anni. È un anno dove, in maniera più solenne ed “epocale” si riflette e si celebra l’evento che ricordiamo ogni anno a Natale: la nascita di Gesù, il suo compleanno, la sua venuta che ha diviso il computo della storia in “avanti Cristo” e “dopo Cristo”. Nella storia della Chiesa abbiamo avuto, oltre a 24 giubilei ordinari e tre non celebrati (1800, 1850, 1875), anche nove Giubilei “straordinari” fuori di queste date, l’ultimo il 2016. Tra questi quello della Redenzione nel 1933, computato in riferimento all’anno 33 e i suoi anniversari (anche il 2033 è previsto un ulteriore “Giubileo della Redenzione”).

L’ultimo tra quelli “ordinari”, il “Grande Giubileo” del 2000, quello che segnava il passaggio tra due millenni, è stato condotto da Giovanni Paolo II e preparato in maniera solenne con un triennio di riflessione che lo introducesse, tre anni dedicati al Figlio, allo Spirito Santo e al Padre https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_letters/1994/documents/hf_jp-ii_apl_19941110_tertio-millennio-adveniente.html.

Alcuni eventi durante l’Anno Santo del 2000 sono stati particolarmente memorabili, da quello della memoria dei martiri https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/2000/documents/hf_jp-ii_hom_20000507_test-fede.html a quello della purificazione della memoria https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_con_cfaith_doc_20000307_memory-reconc-itc_it.html alla GMG culminata con la veglia di Tor Vergata https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/2000/jul-sep/documents/hf_jp-ii_spe_20000819_gmg-veglia.html.

Papa Francesco ha voluto istituire un ulteriore Giubileo, “straordinario”, quello “della Misericordia” nell’anno 2016, celebrato in occasione del 50° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II https://www.vatican.va/content/francesco/it/apost_letters/documents/papa-francesco_bolla_20150411_misericordiae-vultus.html, aperto già con una scelta “nuova”, quella di “decentrarlo” nel mondo e nelle diocesi e non nella sola Roma, a partire dal gesto solenne iniziale della apertura della porta santa svolta a Bangui, nella Repubblica Centrafricana il 29 novembre 2015 http://www.iubilaeummisericordiae.va/content/gdm/it/roma/grandi-eventi/2015-11-29-africa.html.

Quali suggestioni e quali aspettative possiamo darci in attesa della celebrazione ormai prossima (Natale 2024) del Giubileo del 2025?

Parto da una esperienza personale vissuta nel 2000, la manifestazione organizzata dai padri Comboniani a Verona, denominata “Giubileo degli oppressi” https://www.vinonuovo.it/comunita/esperienze-di-chiesa/giubileo-degli-oppressi-unesperienza-da-attuare/.

Quella manifestazione voleva mettere al centro “i festeggiati”, i “primi destinatari” dell’evento giubilare, “i poveri, i prigionieri, gli oppressi” richiamati nella pagina di Isaia letta da Gesù nel Sinedrio (Lc 4, 16-21), che corrono paradossalmente il rischio di essere dimenticati da chi, volendo celebrare la venuta del Messia nella stalla di Betlemme, si dimentica di tutti i richiami alla giustizia sociale e alla liberazione da ogni forma di oppressione e schiavitù che sono il fine dell’anno del Giubileo levitico e della stessa venuta del Cristo.

Sicuramente i temi “sociali”, senza nulla togliere al “primato dello Spirito”, potranno essere un focus fondamentale in questa “finestra” del 2025.

Il mondo a che punto è, ad esempio, rispetto alle richieste della “Populorum Progressio” https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/encyclicals/documents/hf_p-vi_enc_26031967_populorum.html di Paolo VI o a quelle della “Pacem in terris” https://www.vatican.va/content/john-xxiii/it/encyclicals/documents/hf_j-xxiii_enc_11041963_pacem.html di Giovanni XXIII? E al magistero stesso di Francesco sulla “cura della casa comune”?

Papa Francesco, al quale l’amico cardinale Hummes al termine del concistoro raccomandò di “non scordare i poveri”, pare molto attento a questi aspetti.

La sua scelta della primo viaggio apostolico a Lampedusa; l’istituzione della “Giornata Mondiale dei poveri” https://archivio.agensir.it/2017/11/18/giornata-mondiale-dei-poveri-cinque-cose-da-sapere/ che precede quella solenne di “Cristo Re”; i suoi richiami continui ai bisogni, ai diritti di tutti e degli ultimi in particolare sono un elemento costante del suo magistero.

La sua richiesta, diretta alla Chiesa Cattolica, di “uscire dalle mura” per operare in mezzo alla gente. L’immagine della Chiesa come “ospedale da campo”.

“OFF THE FENCE”: è la denominazione della produzione che avrebbe realizzato con il Movimento “Laudato si’” il film: “The letterfilm.org” https://www.theletterfilm.org/it/guarda/ ispirato a san Francesco, all’enciclica “Laudato si’” e al messaggio sulla cura della casa comune con tante testimonianze preziosissime.

“OFF THE FENCE”: “fuori dai recinti”. Appunto.

È sicuramente una circostanza liturgica preziosa quella che ci propone il calendario romano, che prevederà da domenica 30 novembre 2024 il ciclo C, quello che ci presenta la lettura domenicale dei passi dal vangelo di Luca.

Il suo Vangelo non è solo noto come “Il Vangelo della Misericordia”, per i passi come quello della parabola di Lc 15, 11-32; in entrambi i suoi scritti il protagonista indiscusso è lo Spirito Santo, che conduce il percorso di Gesù e della chiesa apostolica.

Il medico, discepolo dell’apostolo Paolo, concepisce la sua opera con due movimenti teologicamente fondati: centripeto e centrifugo.

Il terzo Vangelo è il racconto di un cammino (centripeto)  che porta Gesù e i suoi fino a Gerusalemme, la “Città Santa”, quella dove si compie il suo disegno di Salvezza con gli eventi della sua Passione, Morte e Risurrezione.

Il libro degli Atti degli Apostoli, anche detto “Vangelo dello Spirito”, continua come seconda parte il tutt’uno con il terzo Vangelo, tracciando un cammino (centrifugo) che, sotto la guida e l’impulso costante dello Spirito Santo, conduce gli apostoli e gli altri evangelizzatori della comunità nata a Pentecoste, da Gerusalemme fino agli estremi confini del mondo conosciuto.

Un movimento centrifugo, appunto. “OFF THE FENCE”. Come piace a Francesco.

E come, sicuramente, il Giubileo 2025 potrà essere caratterizzato.

Il mondo vive problemi epocali che chiamano in causa le Nazioni e i loro responsabili, “gridano” davanti a Dio e agli uomini.

Ognuno di noi è chiamato ad “uscire dai suoi recinti” per trovare soluzioni a quel che queste grida ci impongono: un “nuovo” (!?) modello di sviluppo, una “rinnovata” riscoperta dei valori e dei diritti fondamentali dell’umanità e del Pianeta, un salutare “primato dello spirito/Spirito” che non venga negato in un mondo che, sempre più in mano alle AI, corre il rischio di smarrire la sua dimensione di “ulteriorità” per appiattirsi su un orizzonte del solo “qui ed ora” e del famelico “tutto e subito”.

OFF THE FENCE. Un “Giubileo centrifugo”.

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L’intelligenza artificiale: occasione o minaccia?

di ALESSANDRO MANFRIDI

L’Auxilium apre un percorso interdisciplinare sulla sfida e sull’opportunità che la AI fornisce al mondo dell’Educazione

dicembre 2023

Il 17 novembre rimbalza in tutto il mondo la notizia che il consiglio di amministrazione di OpenAI, società californiana apripista mondiale nel campo dell’intelligenza artificiale generativa, avrebbe licenziato il CEO Sam Altman, inventore del rivoluzionario sistema ChatGPT.

https://www.ilsole24ore.com/art/open-ai-mira-murati-sara-ceo-ad-interim-AFnaKTgB

La Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilum aveva da tempo programmato  il percorso interdisciplinare per l’anno accademico 2023-24 sull’AI (artificial intelligence).

https://www.pfse-auxilium.org/it/notizie/19-09-2023/intelligenza-artificiale-ed-educazione-corso-interdisciplinare-2023/roma

Nel frattempo la notizia di un nuovo movimento religioso che sostituirebbe Dio con un culto indirizzato all’intelligenza artificiale https://www.hwupgrade.it/news/web/rinasce-la-chiesa-dell-ai-e-conta-migliaia-di-fedeli-robot-venerati-come-divinita_122105.html  dovrebbe farci riflettere. Non tanto per la proposta in sé – trattandosi di un movimento ancora poco incisivo quanto al numero degli adepti – quanto per le implicazioni sociali, sociologiche, culturali e valoriali: forse l’uomo già da tempo ha sostituito Dio e le Religioni con altri idoli a cui indirizzare mente, cuore, forze, tempo e risorse. L’AI è solo l’ultima tra questi, anche se può “scalare le classifiche” e conquistare sempre più adesioni.

Sabato 18 è stato realizzato all’Auxilium il primo incontro del corso, dal titolo L’intelligenza artificiale: un copilota per la progettazione didattica

Introduce i lavori uno dei membri della Commissione scientifica del percorso interdisciplinare, il professor Michele Kettmajer, autore e designer di cultura e innovazione digitale, docente di Etica del digitale all’Università Cattolica di Benguela (Angola), precursore e fondatore di  webtv in Italia.

L’iniziativa di Auxilium si propone come uno sviluppo prezioso delle potenzialità fornite dall’AI, in prospettiva della promozione dei percorsi educativi e didattici. Lo stesso Don Bosco fece partire le tipografie non tanto per contrastare la stampa laica, quanto perché voleva che i suoi ragazzi sapessero come affrontare la tecnologia. La settimana scorsa Elon Musk ha presentato una sua società che impianta i chip nel cervello, ha già oltre trentamila adesioni volontarie. Questo chip permette di muovere gli arti, nel futuro permetterà di essere felici. Il chip costa solo diecimila euro. Nei prossimi dieci anni verranno persi trecento milioni di posti di lavoro secondo le stime. Negli USA i giudici fanno già delle sentenze utilizzando la AI. La polizia di Amsterdam cataloga i ragazzi e l’AI utilizza i dati scolastici. Sono le aziende che devono fare profit a imporre dove deve andare l’AI: oggi Microsoft utilizza una AI potente 10 volte di più rispetto a quelle utilizzate dagli utenti.

La professoressa Susanna Sancassani del Centro Politecnico di Milano, esperta di interazione tra tecnologia e apprendimento, Responsabile del Centro METID, il servizio di Metodi e Tecnologie Innovative per la Didattica, svolge la relazione sul tema dell’incontro.

Proviamo ad entrare in questo mondo in cui la AI incrocia la didattica.

Intelligenza artificiale: una catastrofe? Dal punto di vista etimologico è realmente uno stravolgimento improvviso, con una discontinuità profonda.

Fine del monopolio umano sull’uso efficace del linguaggio. ChatGPT ora consente di inserire immagini e ne inserisce essa stessa.

Fine della connessione tra fonte e contenuto, perché le informazioni vengono da varie fonti.

La metafora dell’albero della conoscenza intesa come ramificazione delle conoscenze si perde completamente per essere sostenuta dalla metafora della grande rete connettiva sotterranea del bosco.

Sillogismi validi “da sempre” diventano fallaci: fino a ieri si riteneva che tutte le entità in grado di comprendere il linguaggio fossero in grado di usarlo correttamente. Viceversa, la padronanza del linguaggio per la AI non ha nulla a che fare con la comprensione del linguaggio (cfr. La stanza cinese di Searle).

Siamo di fronte a un salto evolutivo nelle logiche di organizzazione della conoscenza.

Quali obiettivi educativi?

I miei studenti cosa devono sapere di diverso o di più per muoversi in questo contesto?

Bisogni indotti in modo diretto: saper progettare e usare sistemi AI. Abilità di identificare, raccogliere, selezionare, organizzare dati sia fisici che digitali per l’AI training nei domini culturali specifici. Per costruire il set di dati bisogna che ci lavorino degli esperti.

Una competenza importante: posso utilizzare l’AI per il mio lavoro specifico?

Se voglio chieder a chat GPT di aiutarmi a programmare la didattica devo raccontargliela traducendola nel suo linguaggio e dandogli le giuste informazioni. Quando ricevo un output dall’AI devo saper utilizzare l’output per agire.

Il tema dell’agire in modo trasformativo sulla realtà stessa.

Bisogni indotti in modo indiretto: contromisure per ridurre i rischi di “effetti collaterali” in un mondo Al_based.

Un testo scritto a mano, un testo scritto computer based o un testo scritto con l’AI è diverso a partire dal mezzo.

Apprendimento, insegnamento, istituzione. Questo strumento è ancora gratuito.

Altro filone prezioso: trans-disciplinarietà. L’AI attinge a varie discipline nel rispondere a i nostri input e immette i nostri lavori dunque in discipline diverse, connesse nell’unica tematica affrontata.

La bellezza di quella biblioteca che parla con me è che non si preoccupa, per rispondere ad una domanda, di dover prendere dal reparto di letteratura o altro ma lavora in una dimensione transdisciplinare.

La realtà ci viene incontro tutta insieme, non divisa per discipline. L’AI ci offre questa grande opportunità di portare nelle nostre aule l’interdisciplinarietà.

Esempi: Guernica e la legge di Ohm. Agopuntura e urbanistica. Rivoluzione e calcolo integrale.

Di fronte a queste possibilità bisogna spingere i nostri studenti a sfruttare queste opportunità.

L’AI fa tre cose: un’analisi descrittiva delle situazioni, l’offerta di due possibilità per capire ed immaginare il futuro: fa delle analisi prescrittive; fa delle analisi predittive.

Chiudo con una mia personale considerazione. Proprio il giorno prima, le diocesi di Porto-Santa Rufina e Civitavecchia-Tarquinia avevano organizzato un convegno sulle dipendenze e il disagio giovanile.

La mattina successiva ci siamo entusiasmiati per le possibilità enormi offerte dalla nuova frontiera dell’AI, che trova nel chatbot ChatGPT un moderno Aeropago denso di prospettive.

Contemporaneamente, migliaia di giovani della nostra società vivono ai margini della vita sociale e delle possibilità culturali e lavorative presenti e future, rese oggi potenzialmente esponenziali dall’AI.

Ancora: come un amico sacerdote missionario in Benin mi testimoniava, nella scuola fondata dalla sua parrocchia si lavora tutt’oggi con la lavagna e i gessetti. Per questi ragazzi possedere un PC significa essere una persona “ricca”, nessuno di loro può permettersi questo.

La mia domanda sorge dunque spontanea: la AI potrà essere una innovazione preziosa che aiuterà a migliorare le condizioni di vita degli uomini? O le sue enormi potenzialità verranno sfruttate solo dalle aziende che fanno profitti a vantaggio di pochi e a danno di molti, così come ben illustrava profeticamente nella sua “Lettera a don Piero” don Milani ormai settanta anni fa?

Per le suore di Maria Ausiliatrice e per la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium  l’intenzione è certa. Come fece don Bosco con le tipografie, così, oggi, questo percorso interdisciplinare vuole essere un primo passo per aiutare i giovani, e tra loro i più svantaggiati, ad avere strumenti per padroneggiare la nuova frontiera dell’AI.