Forse i bambini possono suggerirci la strada per risolvere le crisi che gli adulti non riescono a chiudere.
di Alessandro Manfridi
Ogni anno il 27 gennaio viene celebrata la “Giornata della Memoria”, istituita dall’ONU il 1° novembre 2005, con la risoluzione 60/7 https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N05/487/96/PDF/N0548796.pdf?OpenElement , per commemorare tutte le vittime dell’Olocausto.
Come educatori e formatori, noi docenti siamo particolarmente attenti a sensibilizzare gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado al significato di questo evento.
Contestualizziamo l’odierna ricorrenza.
Da anni rifletto su come questa Giornata possa essere una occasione per spaziare dall’orrore consumato nei campi di sterminio nazisti a quelli perpetuati nella storia in tanti altri genocidi, da quello dei nativi americani a quello del popolo armeno, fino al massacro in Rwanda, Burundi e Sud Sudan, passando per Cina, Russia, Cambogia, e dalle dittature dei paesi latino americani https://www.studenti.it/genocidi-del-novecento-riassunto.htm
Quest’anno, però, sarà impossibile celebrare la Giornata senza fare i conti con il dramma che si sta protraendo in Israele e a Gaza dagli eventi dello scorso 7 ottobre.
Il 29 dicembre 2023, il Sudafrica ha presentato un ricorso presso la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, avviando un procedimento contro Israele in merito alle presunte violazioni dei suoi obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (la “Convenzione sul genocidio”) in relazione ai palestinesi nella Striscia di Gaza. https://www.icj-cij.org/case/192
Israele respinge le accuse che gli sono state mosse contro.
La Corte di Giustizia Internazionale si è espressa con Ordine n.192 del 26 gennaio 2024 “Applicazione della Convenzione sulla prevenzione e punizione del reato di genocidio nella Striscia di Gaza” indicando le seguenti misure provvisorie:
(1) Lo Stato di Israele, in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, in relazione ai palestinesi di Gaza, adotterà tutte le misure in suo potere per prevenire la commissione di tutti gli atti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo II della presente Convenzione, in particolare:
(a) uccidere membri del gruppo;
(b) causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo;
(c) infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a procurarne il benessere fisico
distruzione totale o parziale;
d) imporre misure intese a prevenire le nascite all’interno del gruppo;
(2) Lo Stato di Israele garantirà con effetto immediato che i suoi militari non commettano gli atti descritti al precedente punto 1;
(3) Lo Stato di Israele adotterà tutte le misure in suo potere per prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere un genocidio nei confronti dei membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza;
(4) Lo Stato di Israele adotterà misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base e assistenza umanitaria urgentemente necessari per affrontare le condizioni di vita avverse affrontate dai palestinesi nella Striscia di Gaza;
(5) Lo Stato di Israele adotterà misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti che rientrano nel campo di applicazione degli Articoli II e III della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio contro membri della comunità palestinese. gruppo nella Striscia di Gaza;
(6) Lo Stato di Israele presenterà alla Corte un rapporto su tutte le misure adottate per dare attuazione alla presente Ordinanza entro un mese dalla data della presente Ordinanza. https://www.icj-cij.org/sites/default/files/case-related/192/192-20240126-ord-01-00-en.pdf
Ci sono davvero i presupposti per ritenere che quel che si sta consumando a Gaza si configuri come un “genocidio”?
Joshua Frank, analizza sul campo il risultato combinato di tre azioni messe in atto dall’esercito israeliano: l’avvelenamento delle falde acquifere mediante il versamento delle acque reflue marine nei tunnel di Hamas, l’abbattimento sistematico degli ulivi, una delle principali fonti di sussistenza dei Palestinesi (22% dei campi rasi al suolo), l’utilizzo di bombe al fosforo bianco, tossiche e vietate dai trattati internazionali, sganciate da due mesi sui territori. Lo scopo dichiarato è proprio quello di rendere Gaza un deserto (già il 70% delle abitazioni distrutte) e di conseguenza arrivare ad una inevitabile prossima “nakba”, un esodo forzato delle popolazioni palestinesi. https://comune-info.net/la-striscia-di-terra-bruciata/
Quello che inorridisce ciascun cittadino dotato di senso civico e attenzione ai diritti umani fondamentali è che non solo Hamas neghi il diritto di esistenza allo Stato di Israele ma che Israele neghi la stessa possibilità della costituzione di uno Stato palestinese, proposta come unica soluzione alla ultracinquantennale crisi dall’ONU.
Secondo lo storico Antonio Gibelli le motivazioni che fondano le accuse di genocidio a Israele da parte del Sudafrica sono rintracciabili nelle modalità dell’azione israeliana: uccisioni dirette, morti, malattie e sofferenze provocate, continuità dell’azione, complementarietà tra omicidi di civili e pulizia etnica (spostamento coatto ed espulsione di popolazione).
“Anche a non considerare le dichiarazioni esplicite di ministri israeliani sulla disumanità dei palestinesi e le intenzioni manifestate dai coloni di Cisgiordania, ma tenendo conto dell’intenzione
dichiarata da parte del governo israeliano di prolungare ad libitum l’azione in corso, far rientrare tutto questo nella categoria storica del genocidio appare del tutto legittimo e appropriato. Israele mostra chiaramente l’intenzione di sbarazzarsi definitivamente dei Palestinesi, in un modo o nell’altro.” https://comune-info.net/aspettando-le-decisioni-dellaia/
Riccardo Cristiano auspica una nuova narrativa che esca da quella di chi oggi si schiera dall’una o dall’altra parte dividendo il mondo in antisemiti – o antigiudei e islamofobi. Occorre un cambio di passo per la soluzione reale dei problemi, posto che lo si voglia fare https://www.settimananews.it/informazione-internazionale/diario-guerra-25/ .
In tutta questa drammatica escalation, oltre agli appelli ripetuti del Vescovo di Roma, la voce dell’ONU sembra quella più chiara e decisa, anche se totalmente inascoltata e sabotata non solo da Hamas ma anche da Israele, oramai unico Stato al mondo ad aver disatteso oltre settanta risoluzioni delle Nazioni Unite dal 1951 ad oggi.
Cosa dobbiamo dire? Forse che i comandi divini di sterminio delle popolazioni nemiche per l’occupazione della Terra Promessa rivolti a Giosuè prima, a Saul e a Davide durante il loro regno poi, debbano essere colti non solo come il segno di racconti i cui contorni non sono (fortunatamente?) registrabili secondo coordinate scientificamente storiche ma, e qui la domanda diventa grido, giustificazione e fondazione biblica per uno Stato che ha la Bibbia (Antico Testamento) ma non una sua Carta Costituente?
Torniamo in classe, per condividere con i nostri studenti una Giornata che risponda non solo al grido di Auschwitz ma anche a quello di Gaza.
Più di una volta ho proposto nelle mie classi la testimonianza di Sami Modiano, sopravissuto al campo della morte di Auschwitz-Birkenau, attraverso la visione del servizio “L’amore dopo la tempesta”, realizzato da Roberto Olla e andato in onda su Speciale Tg1 per la prima volta il 26 gennaio 2014 https://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-35c9a599-5b46-42bf-b119-898bf10f12b4-tg1.html .
Da quel che ho saputo, Sami predilige incontrare i ragazzi più piccoli, quelli del primo ciclo di istruzione, per condividere il suo messaggio e il suo appello.
Questo particolare mi ricorda i passi evangelici in cui Gesù stesso invita chi lo ascolta a farsi attento alla voce e all’esempio dei bambini, perché “a chi è come loro appartiene il regno di Dio” (Mc 10, 13-16).
Mi sembra un principio ermeneutico prezioso ed interessante.
Se volessimo elevare a “norma di comportamento” l’invito evangelico, questo, forse, cambierebbe qualcosa.
Un esempio interessante lo troviamo nell’iniziativa del World’s Children Prize https://worldschildrensprize.org/ , il “Nobel dei bambini”.
Oggi, fuori di ogni metafora, sogneremmo un mondo in cui gli adulti si mettano alla scuola e all’ascolto dei bambini: che poi sono le prime e più numerose vittime di ogni conflitto prodotto dai loro genitori.
Cosa pensavano i bambini di Auschwitz? Sami, ragazzo a Birkenau nel 1946, ce lo testimonia. Cosa pensano i bambini di Gerusalemme? E quelli di Gaza? E quelli dell’Ucraina, del Sud Sudan, del Myanmar, dello Yemen, della Siria?… L’elenco potrebbe continuare.
Magari se daremo voce e ascolto a loro, piuttosto che agli adulti che non vogliono ascoltare nulla e nessuno, potremmo guardare negli occhi i nostri giovani e dire loro che abbiamo imparato qualcosa dalla lezione dell’Olocausto.