11 Maggio 2020
Pubblicato su https://www.glistatigenerali.com/qualita-della-vita_salute-e-benessere/francesco-dassisi-fratello-nostro-covid-19/
Quando si parla del poverello d’Assisi (1), i consensi sulla sua figura e sul suo messaggio sono pressoché unanimi, a testimonianza del fascino che la sua persona e la sua storia trasmettono.
Eppure, lasciando da parte luoghi comuni o facili quanto superficiali entusiasmi, è indubbio che egli visse quella radicalità e profondità propria di una grande personalità, confrontandosi con la quale non si potrà non riconoscere che il suo esempio e il suo messaggio, affascinanti e tutt’oggi richiamati da emuli e seguaci, costituiscono al tempo stesso una provocazione e una “pietra d’inciampo” per le aspettative dell’homo religiosus come per quelle dell’homo rationalis.
Vorrei invitarvi ad un percorso di riflessione sulla figura di Francesco di Bernardone, prendendo spunto da alcuni tra gli episodi più famosi della sua vicenda, certo che la stessa possa aprire delle prospettive per le nostre vicende odierne.
Partiamo dal celeberrimo incontro di Francesco con i lebbrosi.
Tale episodio è stato citato esplicitamente nei dibattiti tra i credenti, non più tardi di due mesi fa, prima dell’ingresso nella fase del lockdown, quando alcuni rivendicavano il diritto di poter partecipare alle celebrazioni del culto, richiamando appunto la disponibilità a correre il rischio di poter essere infetti dal virus, come sopportabile a motivo della testimonianza della fede, esplicitata con la partecipazione alla celebrazione Eucaristica.
Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo (2).
L’esperienza di Francesco non è quella di una eroica testimonianza di professione di fede e disponibilità a contrarre anche la malattia nel nome di questa, così come alcuni vorrebbero interpretare citando questo episodio.
Qui c’è ben altro.
Conosciamo la storia del giovane assisiate che, pronto a “conquistare il mondo”, partecipò al conflitto della sua città con Perugia, trovandosi a vivere il dramma straziante delle carceri, con la negazione dell’umanità in esse vissuta.
Uscendo dal trauma di questa vicenda come un’altra persona, Francesco era alla ricerca della sua strada.
L’incontro con il lebbroso non fu, dunque, trasmissione di una eroica testimonianza di fede attraverso un gesto di profonda carità e accoglienza (ma perché? Dove sta scritto che per testimoniare la fede bisogna rinunciare alla prudenza, rischiare il contagio, essere disposti a diventare anello di trasmissione del contagio, essere disposti nel nome della propria fede a portare il contagio ai deboli – anziani e ammalati presenti delle nostre famiglie – e a rischiare la loro vita, magari a condannarli a morte, questo sarebbe stato gradito a Dio?!).
L’esperienza fu una vera e propria folgorazione sulla via di Damasco, il figlio di Pietro di Bernardone fu liberato da quelle catene che gli opprimevano il cuore, sentendo l’impulso interiore che lo condusse, come un fiume in piena, ad abbracciare quel fratello lebbroso e a baciarne le piaghe.
Quale pazzia, quale incoscienza, quale assurdità!
Eppure qui non è Francesco a “dare la vita” per il lebbroso.
È esattamente il contrario.
È il lebbroso a “salvare” Francesco, a liberarlo dal suo tormento interiore, ad aprirgli la strada verso una vita che lo pone non più sopra gli altri (la “mia” testimonianza, il “mio” annuncio, la “mia” fede) ma accanto ad essi.
Francesco si apre a quella sapienza nello Spirito che Paolo di Tarso aveva sperimentato, passando dalla delusione per l’insuccesso seguito al suo discorso accuratamente esposto all’Aeropago di Atene (3) al capovolgimento delle prospettive. “Quando sono debole… è allora che sono forte” (4).
Così la “pazzia” del giullare di Assisi, si esplicita nel passo della “perfetta letizia”(5).
Nel descrivere le disavventure di due frati che, infreddoliti e intirizziti sono non solo non riconosciuti ma anche picchiati a bastonate e lasciati così tramortiti in mezzo alla neve, Francesco presenta a frate Leone un quadro di “perfetta letizia”: è chiaro che, al di là delle motivazioni di fede e di imitatio Christi, è indubbio che tale racconto ci lascia disarmati per due motivi.
Da un lato la sconvolgente presentazione di una situazione dalla quale vorrebbe sottrarsi indignato colui che ne fosse colpito o, subendola, non potrebbe che innalzare al Cielo il suo grido di dolore, di sdegno, la sua richiesta che gli sia fatta giustizia; la stessa situazione – ecco lo scandalo – viene invece proposta dal Poverello come necessaria e prodiga perché possa condurre, appunto, al conseguimento dell’agognata “perfetta letizia”.
Ancor più sconvolgente è il modo in cui Francesco presenta il racconto a frate Leone: non si tratta della trasmissione, distaccata e solenne, di rigide regole, di un qualche comandamento, di una qualche norma da applicare. Il racconto si sviluppa in un crescendo enfatico, emozionale e partecipato di episodi che si concludono infine nella gioia profonda, interiore, indescrivibile, una vera e propria follia provata dai due malcapitati frati, tramortiti, bastonati ed intirizziti in mezzo alla neve. Colui che racconta è sicuramente colui che è stato testimone e ha potuto provare una tale gioia. E desidera con tutto sé stesso trasmettercela.
Altro cardine della vicenda francescana è stato quello dello sposalizio con “Madonna Povertà” (6). Francesco, da ricco che era, si fece povero spogliandosi di tutto e decise di vivere mendicando il pane e lavorando con le sue mani, senza possedere ricchezze, sposando in pieno la condizione della povertà materiale.
Naturalmente nella Storia della Chiesa quello francescano non è stato l’unico o il primo tra movimenti pauperisti (7) che diedero valore a questo tipo di scelta e questa specifica spiritualità.
Ancora oggi, si critica la Chiesa e le Chiese per le ricchezze materiali e per una storia che evidentemente ha portato le istituzioni ecclesiastiche ad arricchirsi e ad accumulare ricchezze.
Ma, invece di criticare e combattere le ricchezze ecclesiastiche, Francesco sposta i riflettori sul cammino di sequela personale. La chiamata ad essere discepolo del Crocifisso che gli si rivelò a San Damiano non è una chiamata a “riformare la Chiesa” ma una chiamata a “convertire sé stesso” in un cammino di conversione evangelica che si spinge fino alle estreme conseguenze.
Anche per questo, Francesco ci mostra un orizzonte sempre ulteriore.
Così come faceva il suo Maestro.
Altro episodio, enorme e sempre attuale, controverso ma significativo per l’interpretazione corrente che ne viene data, è quello dell’incontro storicamente avvenuto a Damietta, sul delta del Nilo, nel 1219 tra Francesco e il sultano al-Malik al-Kamil (8).
Nella Leggenda Maggiore il testo è evidentemente confessionale-apologetico, perché il Santo appare intento ad ottenere dal sultano una conversione religiosa; è indubbio, ad ogni modo, che il percorso scelto da Francesco fu totalmente altro rispetto a quello che si stava realizzando nel conflitto bellico.
Non la partecipazione benedicente alle azioni della Crociata ma un presentarsi, disarmato, e guidato solo dall’ardore della fede, nell’accampamento del sultano.
Un episodio che diviene una strada necessaria e percorribile per il dialogo fra le Religioni, come ebbe l’intuito e la lungimiranza di riconoscere Giovanni Paolo II, quando volle organizzare proprio ad Assisi, il 27 ottobre 1986, il memorabile incontro tra i rappresentanti di tutte le Religioni con lo scopo di pregare tutti insieme per la pace (9).
L’ultimo monumentale lascito del poverello è la sua visione del rapporto con il mondo e con tutti gli esseri viventi, dipinto in maniera mirabile nel Cantico delle Creature (10), dal cui messaggio profondo papa Francesco ha voluto partire per proporci la sua enciclica LAUDATO SI’ (11).
Riassumiamo il nostro percorso, appena accennato, pescando tra l’enorme serbatoio delle Fonti Francescane.
Dopo i nostri primi tre articoli che si richiamano a fonti bibliche (12), volendo continuare ad interrogarci su cosa non solo i passi vetero e neotestamentari ma anche la Storia del Cristianesimo possono suggerirci, vogliamo qui farci provocare dalla “follia” del Poverello d’Assisi.
L’abbraccio del lebbroso, la visione della “perfetta letizia”, il “matrimonio” con Madonna Povertà sono tutti aspetti che ci affascinano per il loro essere sul limite ed oltre il limite di un nostro “normale” orizzonte e, al tempo stesso, ci suggeriscono la fatica, insieme alla gioia, necessarie per fare nostri qualcosa di questi suggerimenti.
Così, l’attenzione al Francesco che dialoga col sultano ci apre gli orizzonti non solo sul confronto fra le Religioni ma anche su un nuovo modo di gestire ogni conflitto. Il superamento della ragione delle armi e la negazione della necessità della guerra a favore dell’incontro e del confronto fra le parti.
E questa vuole essere una denuncia verso chi le guerre le crea e le inventa, costruendone le motivazioni a tavolino (13). Se in tempo di quarantena una delle poche industrie che, sul suolo nazionale, ha continuato la sua attività senza interruzioni, è proprio quella della produzione delle armi (14), forse questo deve porci degli interrogativi.
La poesia del Cantico delle Creature, testo studiato in letteratura quale testimone dell’idioma italico nel Trecento, coinvolge con un sentimento di gratitudine e di lode le creature e gli elementi, fino a definire l’esperienza limite dell’esistenza “sorella nostra morte corporale”.
C’è una visione amorevole e profonda.
La morte non è, per il Poverello di Assisi, una “ladra”, una “nemica”, una “assassina”. Al pari di tutti gli esseri viventi, di tutti gli elementi, di tutte le creature ella è una sorella.
Sarà forse salutare non solo rileggere la vicenda che stiamo vivendo spogliando il virus dai panni di “nemico” dei quali lo abbiamo rivestito (15).
Sarà ancora più importante domandarci se, una volta passata questa fase, e nei tempi in cui questa pandemia potrà essere messa alle nostre spalle, saremo capaci, come singoli e come nazioni, di impostare un modo nuovo di prenderci cura della Terra e dei diritti degli esseri umani che la abitano.
(1) Le Fonti Francescane, Edizioni EFR.
San Francesco di Liliana Cavani, 1989 https://youtu.be/i5KD15W2_PA
(2) Testamento di san Francesco, (FF 110).
(3) At 17, 22-32.
(4) 2Cor 12, 7-10.
(5) I fioretti di San Francesco, BUR, Milano 1979. http://www.darsipace.it/2013/01/10/4496/
(6) Vita Prima di san Francesco di Tommaso da Celano (FF 344).
(7) Movimenti pauperistici tra XII e XIII secolo: eretici e santi 1 https://r.search.yahoo.com/_ylt=AwrIDKHDPbhemRQA3hJHDwx.;_ylu=X3oDMTByMnE1MzMwBGNvbG8DaXIyBHBvcwMzBHZ0aWQDBHNlYwNzcg–/RV=2/RE=1589161539/RO=10/RU=http%3a%2f%2fwww.rmastri.it%2fdidattica%2fold%2findex.php%3fdownload%3dereticiesanti.pdf/RK=2/RS=aaDhuCe7ajRzCmjgM8SMnt9hJnY-
(8) Leggenda Maggiore di San Bonaventura da Bagnoregio (FF 1172-1174) https://sanfrancescopatronoditalia.it/notizie/cultura/san-francesco-e-il-sultano–2149
https://www.assisiofm.it/francesco-e-il-sultano-44637.html
(9) Discorso di Giovanni Paolo II ai rappresentanti delle Chiese cristiane e comunità ecclesiali e delle Religioni mondiali convenuti in Assisi http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1986/october/documents/hf_jp-ii_spe_19861027_prayer-peace-assisi-final.html
(10) Fonti Francescane 263.
(11) Lettera enciclica LAUDATO SI’ http://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si.html
(12) https://www.glistatigenerali.com/salute-e-benessere_societa-societa/coronavirus-apocalisse/
(13) https://www.cercoiltuovolto.it/notizie/appello-p-alex-zanotelli-la-guerra/
(14) Se nemmeno il coronavirus ferma la produzione militare in Italia https://www.lettera43.it/coronavirus-produzione-militare-italia/
(15) Pandemia come guerra, ossia la banalizzazione della complessità. http://www.vita.it/it/blog/disarmato/2020/04/13/pandemia-come-guerra-ossia-la-banalizzazione-della-complessita-i-dieci-errori-di-un-paradigma-sbagliato/4850/