Il martirio conserva ancora oggi una sua “forza” attrattiva capace di cambiare la storia personale e comunitaria?
27 marzo 2024
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Ogni anno la Settimana Santa celebra il dono della vita di Gesù per noi, con la meditazione della sua Passione durante la Domenica delle Palme e il Venerdì Santo. Questo Vangelo trova sicuramente riverbero nelle odierne testimonianze di tutti quei seguaci del maestro di Nazareth che hanno testimoniato la sua sequela con il dono della loro vita.
È quello che è stato approfondito presso il Santuario del Divino Amore in Roma nel Convegno annuale delle diocesi del Lazio organizzato dall’Ufficio per l’Ecumenismo, il Dialogo Interreligioso e i Nuovi Culti della Diocesi di Roma sul tema: “La forza umile dei cristiani”. A partire dal ricordo di suor Giordana Bertacchini (delle Missionarie di Maria, Saveriane) del decimo anniversario dell’uccisione delle consorelle Olga (83), Lucia (75), Bernadetta (79) di Bujumbura in Burundi. Alcuni dei sicari assoldati per compiere questo atroce delitto hanno confessato: si è trattato di un omicidio legato ad un rito satanico propiziatorio a favore del Presidente della Repubblica su indicazione di un santone. Ma questo sacrificio ha portato dei frutti: la casa è diventata una cappella che è casa di preghiera e di perdono; ogni mese il 7 e l’8 i laici continuano l’apostolato promosso dalle martiri tra i poveri. C’è una crescita delle vocazioni. In 30 anni non c’era stata una vocazione, ora ce ne sono diverse.
Ieri, martedì Santo, si è tenuta la consueta veglia di preghiera per i Missionari Martiri presso la Basilica di San Bartolomeo sull’isola Tiberina (diventata Santuario per i Nuovi Martiri del Novecento), affidata da San Giovanni Paolo II alla Comunità di Sant’Egidio. Negli anni ,delegazioni delle Chiese Anglicane ed Ortodosse hanno donato reliquie di loro Martiri alla Basilica, custodite nelle sei cappelle. Il Martirio diventa un elemento fondamentale nell’ambito del percorso del Dialogo Ecumenico. Il lavoro della Commissione sui Nuovi Martiri del XX secolo ha portato a uno specifico Giubileo dei Martiri celebrato durante il Giubileo del 2000 al Colosseo. E un lavoro analogo compirà la nuova commisisone per il Giubileo del 2025, ma ora a tutto campo, esteso a tutte le confessioni cristiane, senza limitarsi al cattolicesimo.
“Oggi, però, come è cambito il martirio?” – si chiede don Angelo Romano, Rettore della Basilica. Nella storia, infatti, conosciamo Gli Atti dei Martiri dei primi secoli in cui essi venivano uccisi a causa della loro professione di fede, da parte dell’autorità imperiale romana, così come è testimoniato nei processi. Oggi, al contrario, tante volte il persecutore si nasconde, non vuole che si capisca che è il protagonista della strage, come nel caso drammatico delle tre suore in Burundi o nel caso di don Puglisi, dove Cosa Nostra ha cercato di nascondersi, presentandolo non come un omicidio di Mafia. Se il primo problema è che il persecutore cerca di nascondersi, il secondo problema è che l’odio alla fede non chiede di rinnegare la professione, ma chiede di rinunciare alla sua azione sociale, alla giustizia, alla carità vissuta, alla fortezza; come nel caso dell’opera educativa di don Puglisi o a quella dei cristiani che difendono gli indios dell’Amazzonia.
Non è un caso che i cristiani siano diffusi dove ci sono situazioni che essi vanno a contrastare per motivi legati alla giustizia e al rifiuto della corruzione. Le strade dei martiri sono attrattive, sono storie che misteriosamente cambiano la storia. Giovanni Paolo II racconta che aveva un compagno seminarista che venne fucilato mentre faceva il seminario. Se non lo avesse scritto nella sua biografia, non lo avremmo mai conosciuto. Si chiamava Szczęsny Zachuta. La sorella, una signora di 65 anni, ha contattato il Santuario di San Bartolomeo e ha donato la lettera del cardinale di Cracovia, Wojtyla, indirizzata alla famiglia del suo compagno seminarista. Giovanni Paolo II in “Dono e Mistero” afferma che il suo sacerdozio già ai suoi inizi aveva un debito verso tutti i martiri che hanno vissuto accanto a lui.
Il sangue dei martiri cambia la storia. Bisogna fare parlare i martiri. In Basilica c’è la memoria di 50 di loro e nella cripta oltre 100. Il mondo va da un’altra parte? Bene! Il martire va controcorrente, e per questo diventa attrattivo! La dott.ssa Monica Attias ha raccontato la storia di sette umili confratelli laici anglicani, i Melanesian Brothers, martirizzati nel 2003 dopo una guerra civile iniziata nel 1998 nell’Isola di Guadalcanal, ma diventati germe per un processo di pacificazione in tutte le isole Salomone. Il 5 novembre milioni persone hanno seguito i loro funerali. L’amore ha vinto per la passione, la gioia e la speranza della resurrezione testimoniata dai sette confratelli. Il loro ricordo è presente nella Basilica San Bartolomeo. L’Arcivescovo di Chanterbury Welby e 17 vescovi anglicani hanno celebrato i Melasian Brothers a San Bartolomeo.
S. E. Mons. Azad Sabri Shaba, Vescovo caldeo della Diocesi di Duhok, in Iraq condivide in video un suo intervento, ricordando che fin dai tempi di Sassanidi, Arabi, Mongoli e Ottomani ci sono cristiani iracheni martiri. Anche nello scorso secolo, anche nel 2003, 2006, 2008, 2010. Liturgicamente, la Chiesa Caldea il venerdì dopo la Pasqua ricorda i suoi martiri. Nel 2025 ci sarà l’anniversario del Concilio di Nicea in Turchia, che si spera possa rilanciare le loro chiese. Tra il 2003 e il 2017-18 ci sono stati moltissimi attentati che hanno decimato queste chiese. Il sangue di questi martiri ci parla della speranza della coabitazione in zone dove i cristiani sono arrivati prima dell’Islam.
Dopo la relazione di padre Giulio Albanese, si è data voce alle testimonianze viventi di quel che i cristiani costruiscono, con due video molto significativi propositi da parte di S. Em. Card. Giorgio Marengo (e i cristiani della Chiesa di Mongolia) e S. E. Mons. Christian Carlassare, comboniano, dal Sud Sudan, testimone di un attentato poco dopo la sua elezione a vescovo. Ha poi chiuso gli interventi suor Antonietta Papa, compagna di padre Ezechiele Ramin in Brasile e testimone del suo martirio, già Generale della Congregazione delle Figlie di Maria Missionaria, che testimonia la missione a servizio dei migranti a Lampedusa e racconta come arrivano e da dove arrivano sui moli dell’isola queste migliaia di profughi, tremanti e claudicanti. La polizia mette loro i bracciali e le suore li abbracciano per scaldare loro il cuore quanto indossano le coperte termiche, perché arrivano con solo la t-shirt addosso, senza neanche scarpe. I ragazzi della Chiesa Evangelica forniscono il thé e i croissant. Non si può nascondere che al momento dello sbarco c’è molta tensione, perché non si sa chi arriva. Non è semplice sostenere queste persone che hanno il dramma del lutto perché hanno visto gli amici morire davanti agli occhi.
Per questo, come ha ricordato mons. Marco Gnavi, Segretario della Commissione “Nuovi Martiri – Testimoni della fede” e Segretario della Commissione per l’Ecumenismo e il Dialogo – C.E.L., non dobbiamo dimenticare che nel Vangelo è tutto capovolto, ma anzi viverne il paradosso: gli umili saranno esaltati. Gesù ha cambiato il mondo attraverso la volontà divina di salvare, soccorrere, guarire, portare la pace che ci è stata donata, come in questa Pasqua ancora una volta celebriamo.