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Oggi comincia un Sanremo in cui si ascolterà in qualche modo il presidente ucraino Zelens’kyj, mentre è appena terminato il viaggio di Francesco in Africa dove sono risuonate al riguardo parole molto chiare…
7 febbraio 2023
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Se non ci saranno ulteriori precisazioni dell’ultima ora, gli italiani ascoltaranno un testo del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj durante la serata finale del prossimo Festival di Sanremo.
Il dramma dell’Ucraina e della sua popolazione è costantemente richiamato dal Vescovo di Roma e sui media vaticani ci sono servizi giornalistici che riferiscono in maniera aggiornata il susseguirsi degli eventi.
Ciò nondimeno gli appelli di Francesco pare vadano controcorrente rispetto alla linea adoperata dagli attori di questo tragico conflitto, che ormai da quasi un anno continuano a ritenere che la soluzione dello stesso debba passare attraverso il continuo invio di armi e il dispiegamento muscolare di forze, leit-motiv tragico e, forse, sempre meno credibile.
Per questo, mettere in relazione l’annunciato intervento sanremese con il viaggio apostolico che il Vescovo di Roma ha vissuto nelle martoriate nazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan[1] significa, a mio parere, raccogliere un messaggio che può dare più di una risposta a quel che si sta consumando in terra ucraina.
Nel suo incontro con le autorità, con la società civile e con il corpo diplomatico nel giardino del “Palais de la Nation” a Kinshasa, martedì 31 gennaio 2023[2] Francesco utilizza l’immagine del diamante che ritorna ben dieci volte nelle sue parole.
L’abbondanza di diamanti presenti in questa terra non è meno preziosa delle ricchezze spirituali racchiuse nei cuori umani. Francesco invita ad attuare quelle capacità insite nel cuore dell’uomo, realizzando la giustizia e il perdono, la concordia e la riconciliazione, bandendo ogni violenza ed odio presenti nel cuore e sulle labbra, che sono sentimenti antiumani ed anticristiani.
Purtroppo il veleno dell’avidità ha reso gli stessi diamanti di questo pase insanguinati, giungendo al paradosso che i frutti della sua terra lo rendono “straniero” ai suoi abitanti.
Altra osservazione: il diamante lavorato presenta numerose facce armonicamente disposte. La poliedricità è una ricchezza che va custodita, senza cadere nei tribalismi e nelle contrapposizioni. Ogni interesse di parte porta ad entrare in spirali di odio e di violenza, a svantaggio di tutti.
Molto suggestivo quello che la chimica ci insegna: a seconda della disposizione degli atomi di carbonio, la pietra può realizzare un diamante lucente o, viceversa, una oscura grafite.
Fuor di metafora, il problema non è la natura degli uomini o dei gruppi etnici e sociali, ma il modo in cui si decide di stare insieme: la volontà o meno di venirsi incontro, di riconciliarsi e di ricominciare segna la differenza tra l’oscurità del conflitto e un avvenire luminoso di pace e prosperità
La trasparenza del diamante che rifrange la luce in modo meraviglioso viene paragonata agli esempi di limpidezza cristallina di chi seve la società con incarichi civili e di governo non con lo spirito del potere ma con quello del servizio.
Altra immagine è quella del lavoro necessario perché il diamante grezzo venga lavorato, Qui c’è un appello al valore fondamentale dell’educazione per la promozione delle giovani generazioni, unito alla sofferenza per la constatazione che in questa nazione tanti bambini muoiono, sottoposti a lavori schiavizzanti nelle miniere.
Gli ultimi due richiami sono all’immagine del diamante come dono della terra e dunque l’impegno alla custodia del creato e alla protezione dell’ambiente, di cui Francesco è continuo paladino, come si evince in particolare nella sua enciclica Laudato Sii[3] e nell’ultimo lavoro “The Letter”[4] e, infine, quella del minerale di origine naturale con la durezza più elevata, presa a spunto per un invito alla resistenza pur nelle avversità, per costruire un futuro pacifico, armonioso e prospero.
Nell’omelia all’aeroporto Ndolo[5] il saluto pasquale del Risorto: «Pace a voi!» (Gv 20,19) più che un saluto, è una vera e propria consegna. Egli indica tre sorgenti di pace: il perdono, la comunità e la missione. Cristo mostra le piaghe, insegnandoci che il perdono nasce dalle ferite. Nasce quando le ferite subite non lasciano cicatrici d’odio, ma diventano il luogo in cui fare posto agli altri e accoglierne le debolezze. Allora le fragilità diventano opportunità e il perdono diventa la via della pace.
L’odio e la violenza non sono mai accettabili, mai giustificabili, mai tollerabili, a maggior ragione per chi è cristiano. L’odio genera solo altro odio e la violenza altra violenza.[6]
Riconciliarsi è generare il domani: è credere nel futuro anziché restare ancorati al passato; è scommettere sulla pace anziché rassegnarsi alla guerra; è evadere dalla prigione delle proprie ragioni per aprirsi agli altri e assaporare insieme la libertà.
Nell’incontro con i giovani e i catechisti molto interessante l’immagine della mano operosa e le sue cinque dita: preghiera, comunità, onestà, perdono, servizio [7].
Ritengo che uno dei discorsi più ricchi di spunti sia stato quello alle autorità, alla società civile e al corpo diplomatico a Giuba[8].
Innanzitutto egli sottolinea la condivisione di questo “Pellegrinaggio Ecumenico di Pace” con l’Arcivescovo di Canterbury e con il Moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia, «perché nella pace, come nella vita, si cammina insieme».
Cita Erodoto, che afferma come in guerra non sono più i figli a seppellire i padri, ma i padri a seppellire i figli (cfr Storie, I,87).
Poi si rifà all’incontro dei due fiumi che genera nel territorio sud sudanese il Nilo Bianco.
La limpida chiarezza delle acque scaturisce dunque dall’incontro. Questa è la via, fratelli e sorelle: rispettarsi, conoscersi, dialogare. Perché, se dietro ogni violenza ci sono rabbia e rancore, e dietro a ogni rabbia e rancore c’è la memoria non risanata di ferite, umiliazioni e torti, la direzione per uscire da ciò è solo quella dell’incontro, la cultura dell’incontro: accogliere gli altri come fratelli e dare loro spazio, anche sapendo fare dei passi indietro. Questo atteggiamento, essenziale per i processi di pace, è indispensabile anche per lo sviluppo coeso della società.
Altra interessante metafora è quella legata alla necessità di mantenere pulito il letto del fiume per prevenire le inondazioni. Egli qui indica la necessità per la vita sociale della lotta alla corruzione: giri iniqui di denaro, trame nascoste per arricchirsi, affari clientelari, mancanza di trasparenza.
Ma la metafora ancora più attuale è quella legata alla necessità di dotare il fiume di argini adeguati.
Anzitutto va arginato l’arrivo di armi che, nonostante i divieti, continuano a giungere in tanti Paesi della zona e anche in Sud Sudan: qui c’è bisogno di molte cose, ma non certo di ulteriori strumenti di morte… tutti i bambini di questo Continente e del mondo, hanno il diritto di crescere tenendo in mano quaderni e giocattoli, non strumenti di lavoro e armi.
Infine, l’esempio del fiume che non conosce confini, ci insegna che «per raggiungere uno sviluppo adeguato è essenziale, oggi più che mai, coltivare relazioni positive con altri Paesi, a cominciare da quelli circostanti.»
Nell’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, le consacrate e i seminaristi a Giuba[9] Francesco richiama Il ritiro spirituale per le autorità civili ed ecclesiastiche del Sud Sudan presso Santa Marta l’11 aprile 2019, del quale tutti noi ricordiamo il segno incredibile che egli volle fare baciando i piedi dei presenti[10]
Nell’incontro con gli sfollati interni presso la “Freedom Hall” [11] Francesco, accogliendo le storie drammatiche e ricordando il dramma che registra la più grande crisi di rifugiati del Continente, con almeno quattro milioni di sfollati, con l’insicurezza alimentare e la malnutrizione che colpiscono i due terzi della popolazione invita i giovani a
una nuova narrativa dell’incontro, dove quanto si è patito non sia dimenticato, ma venga abitato dalla luce della fraternità; una narrativa che metta al centro non solo la tragicità della cronaca, ma il desiderio ardente della pace. Siate voi, giovani di etnie diverse, le prime pagine di questa narrativa! Se i conflitti, le violenze e gli odi hanno strappato via dai buoni ricordi le prime pagine di vita di questa Repubblica, siate voi a riscriverne la storia di pace!
Il viaggio apostolico si conclude con una significativa omelia durante la celebrazione eucaristica presso il Mausoleo “John Garang” (Giuba) domenica 5 febbraio[12].
Egli invita a riflettere su tre verbi: pregare, operare e camminare.
Gesù ci vuole «operatori di pace» (Mt 5,9), Ecco la pace di Dio: non solo una tregua tra i conflitti, ma una comunione fraterna, che viene dal congiungere, non dall’assorbire; dal perdonare, non dal sovrastare; dal riconciliarsi, non dall’imporsi. Talmente grande è il desiderio di pace del Cielo, che fu annunciato già al momento della nascita di Cristo: «sulla terra, pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14)
Carissimi, chi si dice cristiano deve scegliere da che parte stare. Chi segue Cristo sceglie la pace, sempre; chi scatena guerra e violenza tradisce il Signore e rinnega il suo Vangelo. Lo stile che Gesù ci insegna è chiaro: amare tutti, in quanto tutti sono amati come figli dal Padre comune che è nei cieli. L’amore del cristiano non è solo per i vicini, ma per ognuno, perché ciascuno in Gesù è nostro prossimo, fratello e sorella, persino il nemico (cfr Mt 5,38-48)
…chi si professa credente non vi sia più spazio per una cultura basata sullo spirito di vendetta; perché il Vangelo non sia solo un bel discorso religioso, ma una profezia che diventa realtà nella storia. Operiamo per questo: lavoriamo per la pace tessendo e ricucendo, mai tagliando o strappando
nel nome di Gesù, delle sue Beatitudini, deponiamo le armi dell’odio e della vendetta per imbracciare la preghiera e la carità; superiamo quelle antipatie e avversioni che, nel tempo, sono diventate croniche e rischiano di contrapporre le tribù e le etnie; impariamo a mettere sulle ferite il sale del perdono, che brucia ma guarisce. E, anche se il cuore sanguina per i torti ricevuti, rinunciamo una volta per tutte a rispondere al male con il male, e staremo bene dentro; accogliamoci e amiamoci con sincerità e generosità, come fa Dio con noi. Custodiamo il bene che siamo, non lasciamoci corrompere dal male!
Alla speranza vorrei associare un’altra parola, la parola di questi giorni: pace. Con i miei Fratelli Justin e Iain, che ringrazio di cuore, siamo venuti qui e continueremo ad accompagnare i vostri passi, tutti e tre insieme, facendo tutto quello che possiamo perché siano passi di pace, passi verso la pace. Vorrei affidare questo cammino di tutto il popolo con noi tre, questo cammino della riconciliazione e della pace a un’altra donna. È la nostra tenerissima Madre Maria, la Regina della pace. Ci ha accompagnato con la sua presenza premurosa e silenziosa. A lei, che ora preghiamo, affidiamo la causa della pace in Sud Sudan e nell’intero Continente africano. Alla Madonna affidiamo anche la pace nel mondo, in particolare i numerosi Paesi che si trovano in guerra, come la martoriata Ucraina.
I drammi del continente africano, non hanno niente di meno drammatico e di meno ingiusto del dramma che sta vivendo il martoriato popolo ucraino (insieme con quelli delle popolazioni del Sud Sudan, dello Yemen, della Siria, della Palestina, del Myanmar e non solo, più volte ricordate nei mesi scorsi negli interventi di Francesco).
Ma la ricetta del Vescovo di Roma è un’altra. Non armi, odio, conflitto. Piuttosto “giustizia, perdono, concordia, riconciliazione”.
Vale per le etnie martoriate delle nazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan e con esse per quelle dell’intero continente africano, idealmente abbracciato da questo “Pellegrinaggio Ecumenico di Pace” con l’Arcivescovo di Canterbury e con il Moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia.
Ma vale anche per i popoli fratelli russo e ucraino.
Purché i responsabili delle parti inizino a parlare di negoziati, ormai interrotti dieci mesi fa.
[1] https://www.vatican.va/content/francesco/it/travels/2023/outside/documents/congo-sudsudan-2023.html
[2]https://www.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2023/1/31/autorita-repdem-congo.html
[3] https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si.html
[4] https://youtu.be/Rps9bs85BII
[5] SANTA MESSA OMELIA DEL SANTO PADRE Aeroporto “Ndolo” Mercoledì, 1° febbraio 2023 https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2023/documents/20230201-omelia-repdem-congo.html
[6] INCONTRO CON LE VITTIME DELL’EST DEL PAESE DISCORSO DEL SANTO PADRE Nunziatura Apostolica (Kinshasa)
Mercoledì, 1° febbraio 2023 https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2023/february/documents/20230201-vittimeest-repdem-congo.html
[7] INCONTRO CON I GIOVANI E CON I CATECHISTI DISCORSO DEL SANTO PADRE “Stadio dei Martiri” (Kinshasa) Giovedì, 2 febbraio 2023 https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2023/february/documents/20230202-giovani-catechisti-repdem-congo.html
[8] INCONTRO CON LE AUTORITÀ, CON LA SOCIETÀ CIVILE E CON IL CORPO DIPLOMATICO DISCORSO DEL SANTO PADRE
Giardino del Palazzo Presidenziale (Giuba) Venerdì, 3 febbraio 2023 https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2023/february/documents/20230203-autorita-sudsudan.html
[9] INCONTRO CON I VESCOVI, I SACERDOTI, I DIACONI, I CONSACRATI, LE CONSACRATE E I SEMINARISTI
DISCORSO DEL SANTO PADRE Cattedrale di Santa Teresa (Giuba) Sabato, 4 febbraio 2023 https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2023/february/documents/20230204-clero-sudsudan.html
[10] RITIRO SPIRITUALE PER LE AUTORITÀ CIVILI ED ECCLESIASTICHE DEL SUD SUDAN DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO Domus Sanctae Marthae Giovedì, 11 aprile 2019 https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2019/april/documents/papa-francesco_20190411_leaders-sudsudan.html
[11] [11] INCONTRO CON GLI SFOLLATI INTERNI DISCORSO DEL SANTO PADRE “Freedom Hall” (Giuba) Sabato, 4 febbraio 2023 https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2023/february/documents/20230204-sfollati-sudsudan.html
[12] OMELIA DEL SANTO PADREMausoleo “John Garang” (Giuba) Domenica, 5 febbraio 2023 https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2023/documents/20230205-omelia-sudsudan.html