Dopo otto mesi di guerra, chiedere con forza un negoziato di pace, non è l’unico modo per evitare una escalation dannosa per tutti?
7 novembre 2022
Sabato 5 novembre sono state realizzate due manifestazioni nazionali di piazza, una a Milano e una a Roma. I mezzi di informazione hanno intervistato i politici che vi hanno partecipato, mossi da una linea opposta. A Milano si chiede di non interrompere l’invio delle armi a Kiev, linea sostenuta da Washington, dalla NATO, dalla UE e dal governo italiano. Manifestazione di piazza organizzata da Calenda e da Renzi. Improprio il confronto con la grande manifestazione di Roma, perché, pur se tra i partecipanti erano presenti anche diverse formazioni della sinistra italiana, a nessun politico è stata data la parola, i nomi delle compagini partitiche non risultano tra gli aderenti ed è stato chiesto alle stesse di non mostrare bandiere di partito. L’intera manifestazione si è definita e si è svolta come una manifestazione apartitica.https://www.vinonuovo.it/attualita/societa/molte-prospettive-per-un-unico-sguardo-di-pace/
La piattaforma “EUROPE FOR PEACE”, così chiamata perché gli organizzatori vogliono rivolgersi all’Europa oltre che alle istituzioni italiane, è stata coordinata come capofila dalla Rete Italiana Pace e Disarmo e da quella di Sbilanciamoci! e ad essa hanno aderito oltre 500 realtà associative italiane. Il corteo è partito da piazza della Repubblica e ha sfilato fin sotto il palco montato in piazza san Giovanni in Laterano, dove ci sono state testimonianze ed interventi, introdotti da Sergio Bassoli (Rete italiana Pace Disarmo) e Francesca Giuliani (Sbilanciamoci!).
La Giuliani ha letto l’appello che la piattaforma vuole presentare al Governo e al Parlamento per chiedere una trattativa di pace. Sono poi stati mostrati due video messaggi (entrambi sottotitolati) di Katrin (Katya) Cheshire (attivista del Movimento Pacifista Ucraino) che parlava in ucraino e Alexander Belik (Coordinatore del Movimento degli Obiettori di Coscienza Russi) che parlava in inglese. Don Tonio Dell’Olio ha letto la lettera rivolta dal presidente della CEI, il Cardinal Zuppi, ai manifestanti.
Dopo queste testimonianze sono iniziati gli interventi dei rappresentanti delle organizzazioni promotrici ed organizzatrici della manifestazione. Raffaella Bolini (ARCI), si è rivota ai giovani, invitandoli a stare “sempre dalla parte delle vittime… Non consentite che la guerra torni ad essere un valore… Imparate invece il diritto internazionale che dà forza a chi non ha potere… Per l’art. 51 della carta dell’ONU la comunità internazionale ha il dovere di ristabilire la pace: non di partecipare alla guerra, non di farla proseguire, non di armarla!”. Senza dimenticare le carovane di aiuti promosse dai volontari in Ucraina, portando aiuti alle popolazioni di Odessa, Mykolaiv e di altre città – come ha testimoniato Gianpiero Cofano di Stop the War Now.
Gianfranco Pagliarulo (ANPI) ricorda che per la prima volta si parla della guerra atomica come di una possibilità reale, e in Italia si cambiano e aggiornano le testate nucleari. Le “armi nucleari tattiche” sono più potenti di quelle che caddero in Giappone. Non scordiamoci che in Italia le 120 basi NATO non sono solo avamposti militari, sono bersagli. A tal proposito, per la campagna “Italia ripensaci” sulla proibizione delle armi nucleari, Lisa Clark legge un messaggio della hibakusha (sopravvissuta) di Hiroshima Setsuko Thurlow (che ha pronunciato il discorso di accettazione del Premio Nobel per la Pace 2017 assegnato alla International Campaign to Abolish Nuclear Weapons). E Rossella Miccio (Emergency – Associazione ONG Italiane) afferma che Gino Strada sarebbe sato molto contento nel vedere questa piazza: “metteremo fine alla guerra o l’umanità sarà spazzata via dalla guerra”. Dà la sua testimonianza anche Nicolas Marzolino (giovane consigliere Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra) vittima di un ordigno inesploso che evidenzia l’impatto devastante a lungo termine delle guerre e delle armi.
Giuseppe De Marzo (Rete dei Numeri Pari) ha ricordato che “l’antidoto alle guerre sono i diritti… Agire per la pace significa lottare per la giustizia sociale”. Don Ciotti (Libera), evocando don Tonino Bello a Sarajevo nel dicembre 1992, accenna ad un importante iniziativa, quella della Campagna “Sei per la pace, sei per mille”, e denuncia la logica competitiva del mercato economico come anticamera delle guerre: “tre sole multinazionali detengono il 63% del mercato delle sementi e il 75% degli agrofarmaci, mettendo milioni di contadini nella totale disperazione… Si muore di fame e la fame determina, con le altre 59 guerre, migrazioni epocali. 828 milioni sono coloro che soffrono la fame, 2 miliardi e 300 milioni vivono l’insicurezza alimentare. L’accesso all’acqua potabile è difficile per 4 miliardi di persone. Le mafie vivono, come l’industria delle armi, sui conflitti… La pace si costruisce innanzitutto nel pensiero, occorre pensare la pace e pensarla possibile. Si costruisce anche nel linguaggio. La pace si costruisce nella pratica. I veri pacifisti sono i costruttori di pace, che lavorano per realizzare i diritti, la giustizia, la libertà, la dignità per ogni essere umano”.
Perciò Andrea Riccardi (Comunità di Sant’Egidio) contesta il fatto che “con incredibile leggerezza si è parlato della ricerca di pace come velleitarismo, come buonismo, ancora peggio, come tradimento. Certo, la pace dovrebbe essere giusta, ma la pace è impura perché nasce dalla guerra… Le guerre non finiscono e i popoli si spengono. Vogliamo questo per il popolo ucraino? Bisogna investire di più sul dialogo e sulla diplomazia, coinvolgendo l’ONU e la UE”. E, in conclusione, Maurizio Landini (CGIL) ha gridato con forza che “dopo otto mesi, se non riparte la diplomazia, il rischio è quello della guerra nucleare… Bisogna superare ed eliminare le armi nucleari. Non c’è altra strada che quella di ridurre gli armamenti… Basta con la spesa per le armi, ma investiamo in sanità, cura delle persone, della scuola”.
Da questa piazza, dunque, è venuta una forte richiesta di cambiamento. Perciò è stato molto importante condividere questa manifestazione e farlo con oltre centomila persone presenti in piazza: un’“unità nelle diversità”. Ora bisogna continuare ad operare come “costruttori di pace” e spingere il governo italiano e le istituzioni europee a rivedere la linea finora seguita e iniziare a parlare di pace e a proporre passi concreti perché le parti possano sedersi al tavolo delle trattative e negoziare.