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Una delle affermazioni di Sami Modiano che più mi ha colpito: “Noi siamo sempre là. Non ce ne siamo mai andati da Auschwitz-Birkenau”.
La ferita non rimarginabile conservata dai sopravvissuti dei lager nazisti ci è trasmessa dalle molteplici testimonianze di coloro che hanno visto con i loro occhi questi orrori.
L’istituzione della Giornata della Memoria, voluta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 1.11.2005, celebrata il 27 gennaio di ogni anno, deve essere occasione preziosa non solo per riflettere su una delle pagine più buie del XX secolo, quella della Shoà con lo sterminio di sei milioni di ebrei; può essere, a mio modo di vedere, occasione di partenza per andare oltre questa vicenda e aprire l’orizzonte a tutti i genocidi, ai conflitti e alle violazioni dei diritti umani che continuano a perpetuarsi nei cinque Continenti.
Non possiamo dimenticare che si sono consumati nell’ultimo secolo in maniera efferata e drammatica diversi altri genocidi, quali quelli realizzati in Armenia, Timor Est, Cambogia, Rwanda. Al tempo stesso è impressionante il numero dei conflitti e delle violenze che si realizzano ogni anno in ogni parte del mondo[1]. Le statistiche potrebbero farci perdere il sonno[2].
È sotto i nostri occhi il dramma che si sta consumando sul percorso migratorio che passa dai Balcani per il respingimento dei profughi siriani e non solo e che sono bloccati sotto la neve del rigido inverno bosniaco. Ci può venire alla mente il dramma vissuto 75 anni fa nei lager nazisti in terra polacca, prima con il lavoro degli internati a 15-20 gradi sottozero dalle sei del mattino alle sei della sera, poi con la drammatica marcia della morte, epilogo finale prima della liberazione dei campi, consumatosi nei giorni successivi al 18 gennaio 1945.
Quella domanda drammatica, che il testimone Sami Modiano ha rivolto a sé stesso e che risuona davanti a tutti: “Perché?” continua a chiamare ciascuno di noi ad una analisi e ad un impegno.
Papa Francesco ha invitato a più riprese a costruire una riflessione e dare risposte concrete e operative ai drammi di quella che lui chiama “Una terza Guerra Mondiale a pezzi”.
Al tempo stesso le guerre, i conflitti, le crisi, sono generate non solo da motivazioni etniche, tribali, politiche o finanche religiose; le motivazioni reali sono sempre quelle economiche legate alla razzia delle materie prime, al controllo dei mercati, non solo illeciti ma anche legalizzati, al commercio delle armi, al profitto come unico fine, nonostante questo provochi sfruttamento del lavoro, depauperamento di intere nazioni, debito internazionale esponenziale, corruzione generalizzata, taglio delle spese ordinarie governative nazionali nei settori dell’alimentazione, della sanità, dell’istruzione, delle infrastrutture, distruzione dell’ecosistema planetario.
Pare che, statistiche alla mano, le dieci persone più ricche della terra abbiano guadagnato durante questo anno di pandemia una cifra sufficiente da sola a coprire le spese vaccinali per tutta la popolazione terrestre.
Queste sperequazioni devono porre forti domande alle nostre coscienze e ognuno di noi deve lavorare perché possano essere proposti ed attuati nuovi modelli nella gestione globale interconnessa dell’economia, senza che questa debba legarsi al solo standard del profitto privato, ma guardi alla realizzazione dei diritti fondamentali dell’uomo. Vorrei approfondire a tal riguardo la proposta di Assisi di “The Economy of Francesco”[3].
L’attuale contesto della pandemia è una pagina di storia planetaria che, come detto, ci potrà rendere migliori o peggiori, a seconda di come imposteremo la nostra gestione post-pandemica: torneremo a vivere la vita di oggi, come attori sfruttati da un sistema che ci vuole consumatori e ci consegna un diritto di cittadinanza appunto come tali (senza un conto in banca non avremmo neanche diritto all’anagrafe) all’interno del mercato liberista che si nutre ogni istante delle vite di milioni di innocenti senza nome? O saremo disposti non solo a percorrere le vie dell’accoglienza verso i diseredati della storia (poveri, disoccupati, profughi, immigranti) ma soprattutto a pretendere le vie della giustizia e del diritto?
I genocidi non sono solo quelli provocati dalla follia delle masse trascinate da ideologie, leaders politici e religiosi, mossi dalla brama di potere e di affermazione.
Sono anche quelli che si consumano ogni momento sulla Terra a motivo delle strutture di peccato[4] che, come cittadini del mondo e come credenti, dobbiamo riconoscere e contrastare.
Solo allora quel “mai più” che Sami Modiano e tutti gli altri testimoni della Shoà ci trasmettono con il loro appello e il loro monito accorato, potrà trovare attenzione e accoglienza concreta. Non più solo la memoria di ciò che è stato. Ma anche il desiderio di presentare una profezia per un mondo migliore.
Alessandro Manfridi
[1] Barometro dei conflitti 2019 https://hiik.de/wp-content/uploads/2020/03/CoBa-Final-%C3%BCberarbeitet.pdf[
2] ACLED, Piattaforma di raccolta, analisi e mappatura delle crisi, https://acleddata.com/dashboard/#/dashboard
[3] https://francescoeconomy.org/it/
[4] LETTERA Enciclica SOLLICITUDO REI SOCIALIS http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_30121987_sollicitudo-rei-socialis.html